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l'opinione
16 Novembre 2024 - 10:16
Fantasiosa la richiesta di aprire un Centro antiviolenza dentro una Università? No, è realtà dei nostri giorni. Come si può pensare che la culla della cultura, il centro nevralgico della sperimentazione culturale, lo snodo centrale dove passa tutto ciò che può definirsi futuribile sia un ambiente in cui si pratica violenza di genere? La via che conduce al futuro è lastricata di idee e atteggiamenti innovativi ma, spesso, anche di pratiche ancorate ad un passato non ancora passato e finito. E così ci si può imbattere in realtà che oggi si fa fatica a credere vere.
Ragioniamo su ipotesi astratte? No, portiamo un esempio reale. Nell’attuale società, in cui, con i social attivi h24, tutti sanno tutto di tutti in tempo reale, si può pensare di alterare l’immagine di qualcuno, modificarla grazie all’intelligenza artificiale, mandare il fotomontaggio su un social e credere che nessuno lo divulghi, ne faccia parola o che non si lasci traccia nel weeb? Ipotesi irrealistica cui, forse, solo un analfabeta digitale darebbe credito.
Eppure è quanto ha fatto addirittura un docente universitario che, evidentemente affascinato dalla “magia” dell’IA, spinto da desideri morbosi, ha usato le immagini di alcune studentesse, le ha virtualmente denudate e le ha inviate in un gruppo Telegram. È risaputo che i docenti universitari facciano sperimentazioni. Ma E.S., per riserbo adoperiamo solo le iniziali, non stava facendo sperimentazione bensì, come molti, sulla scia di un malato concetto di libertà unito ad un altrettanto bacato sfogo di impeti pruriginosi, ha agito come tanti spregiudicati maschi che credono di poter fare tutto ciò che vogliono ai danni dell’altro sesso.
La condotta perversa del docente, che pare insegni proprio una disciplina digitale, è stata intercettata durante un’indagine della polizia postale che ora indaga su di lui per diffamazione a mezzo internet. L’uniGe informata, ha sospeso il prof dall’insegnamento e sono stati sequestrati i suoi dispositivi informatici. Ciò è avvenuto a inizio ottobre mentre la scorsa settimana due delle universitarie vittime dello “spogliarello digitale” si sono incatenate, per vari giorni e una notte, sotto il Rettorato per protestare contro la mancata accoglienza della richiesta di istituire un Centro antiviolenza. Rettore e Prorettora fanno sapere di avere già un progetto in merito e chiedono una mail formale per riceverle. Anche per gli adulti urge riconoscere il reato di pornografia virtuale già esistente per i minori.
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