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L'opinione
27 Novembre 2024 - 12:01
Come ogni battaglia di civiltà, quella contro la violenza sulle donne va combattuta in maniera trasversale, creando un fronte comune, al di là delle appartenenze e dei colori politici.
È con questo spirito che abbiamo lanciato la campagna di informazione e sensibilizzazione “D’Amore non si muore”: l’invito ad un impegno costante e quotidiano per radicare la consapevolezza che il contributo di ognuno di noi è fondamentale per centrare questo obiettivo.
Anche un piccolo gesto, ma dalla grande valenza e dal grande significato, può essere importante: ecco perché abbiamo scelto di disegnare un cuore sul palmo della nostra mano destra, per poi mostrarlo a tutti, innanzitutto dalle pagine social di ciascuno di noi, con la semplicità disarmante di voler dire da che parte stiamo, sicuri che la cultura del bene squarcia il velo dell’indifferenza e trionfa sul male.
Nell’era in cui i social rappresentano il vettore principale della comunicazione e che tante, troppe volte, restituiscono contenuti negativi, dei semplici post sono un mezzo potente per rilanciare il simbolo dell’amore vero e del rispetto.
Ho chiesto e continuo a chiedere a tutte le persone che conosco di farlo perché tutti, nella propria sfera di azione, istituzionale, professionale o anche soltanto per senso di appartenenza alla comunità civile, possono e devono fare la propria parte.
Questa, però, è solo una delle iniziative destinate a combattere il fenomeno della violenza di genere perché questa è un’emergenza che si può affrontare soltanto guardandola negli occhi e utilizzando strumenti in grado di contrastarla e sconfiggerla. Prima di tutto parlandone, anzi alzando la voce per scuotere il silenzio assordante di chi esercita, con violenza e intimidazione, il possesso sulla donna come mezzo di controllo.
Non bisogna mai smettere di gridarlo: più si continua a ricordare che questo dramma esiste, più la sensibilità di ciascuno cresce, più diventa argomento di quotidianità, più sarà facile abbattere il muro costruito con i mattoni dell’omertà.
Perché quella della violenza sulle donne è una tecnica subdola che arriva anche a sfruttare l’isolamento e perfino la vergogna, quella che in molti casi sono indotte a provare tante vittime di violenza, ancora di più nei contesti di arretratezza e ritardo economico-sociale. Ma, purtroppo, esiste un’altra voce che pesa - e molto -, in particolar modo in Campania, e contribuisce, poco importa se indirettamente, a far prosperare questo indegno percorso.
Ed è la mancanza pressoché assoluta di interventi, strutturali e costanti, da parte delle Istituzioni locali - amministrazione regionale in testa - in materia di welfare e di occupazione femminile. Qualche numero? Qui da noi non solo lavorano appena tre donne su dieci (la nostra regione è ormai fanalino di coda in Italia), ma continua ad aumentare drammaticamente il divario di genere sul mercato del lavoro: donne meno impiegate e meno pagate rispetto agli uomini.
Non è forse anche questa una forma di violenza che si esprime attraverso la negazione della dignità femminile e nei confronti di chi è più debole? Basta ripensare alla tragedia di Ercolano dove, nell’esplosione di una baracca in cui si producevano fuochi d’artificio illegali, tre ragazzi sono morti semplicemente per aver dovuto accettare un lavoro pericolosissimo in cambio di una miseria.
Insieme a Samuel, appena maggiorenne, hanno trovato la morte anche le gemelle Sara e Aurora, costrette a lavorare per 150 euro a settimana! Abbiamo voluto ricordare anche la loro storia, insieme a quella di molte altre vittime di violenza, nel corso del dibattito pubblico che si è tenuto ieri nella sala Nassiriya del Consiglio regionale: un incontro che ha visto, accanto all’intervento del ministro Alessandra Locatelli, quello di tante donne impegnate nel sociale e nella vita istituzionale e pubblica, ma anche di protagoniste e testimoni di queste drammatiche vicende.
Un pomeriggio duro ma bellissimo che si inserisce nel contesto delle iniziative che stiamo tenendo su tutto il territorio campano per sensibilizzare e informare, con l’obiettivo dichiarato di contribuire a fermare una strage che nel 2024 fa già contare in Italia quasi cento femminicidi, senza considerare le violenze che restano chiuse nel tragico silenzio di tante case.
Ricordare le vittime della violenza è fondamentale, come fondamentale e prezioso è il valore delle testimonianze dirette di chi per anni ha vissuto una situazione di inferno ed è riuscita a vincere la sua personale battaglia tanto da poter aiutare anche altre donne a fare altrettanto. E questo perché, qui nel Nostro Posto come in ogni altra parte d’Italia e del mondo, conta fare rete e contrastare l’emergenza.
È l’impegno che deve appartenere all’intera comunità ma che vogliamo coniugare, sul piano istituzionale, con azioni concrete, nel solco della concretezza: la stessa che - solo per citare una delle tante misure messe in campo grazie all’impegno della Lega - ha permesso l’approvazione della legge sul “Codice Rosso”, decisiva per difendere ogni giorno migliaia di donne vittime di violenza.
La strada che ci separa da questo importante traguardo di civiltà è ancora lunga - ne siamo consapevoli - ma siamo anche convinti che se procederemo uniti, con costanza e quotidianamente, quel traguardo riusciremo a raggiungerlo.
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