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L'opinione
28 Novembre 2024 - 08:39
Beppe Grillo
Gentile Direttore, la vicenda della diaspora grillina merita sicura attenzione, al di là degli stessi tragici accadimenti mondiali, perché credo che le vicende politiche italiane siano affidate in buone mani per la politica estera con il Presidente del Consiglio Meloni e il ministro Tajani.
Non che la politica interna sia in mano ad un ministro da meno, anzi, io credo che un ministro dell’Interno come l’ex prefetto di Roma Matteo Piantedosi sia oggi la massima espressione della competenza ed equilibrio in un momento in cui si muovono piazze e cortei continui in tutt’Italia nel nome della Pace, il più delle volte presa a pretesto con azioni violente che poco in comune hanno con il concetto di “Pace”.
Quando mi riferisco, invece alla politica (“p“ minuscola) interna alludo alla recente scomparsa del “modello grillino” che tanto aveva appassionato e coinvolto l’opinione pubblica, fino a raggiungere un terzo degli italiani che nemmeno due lustri fa aveva votato per il Movimento.
La “rivoluzione” annunciata di aprire il Parlamento come una “scatoletta di tonno”, portando una ventata di vera democrazia partecipativa e volti assolutamente nuovi nelle istituzioni elettive, a cominciare dal Parlamento, con il motto di “onestà, onestà”, riecheggia ancora sui muri di tutte le città e Comuni d’Italia.
Ricordo anche che noi politici della cosiddetta Prima Repubblica, anche se mai toccati dai magli di tangentopoli o qualsiasi reato contro la Pubblica Amministrazione, venivamo lo stesso “messi all’indice”, perché in ogni caso eravamo “complici morali” dei “politici corrotti”. E non si faceva sconto a nessuno, nemmeno a quelli del vecchio Pci o pure del “moderno“ Pd.
Ricordo un triste episodio di un ex collega del Consiglio regionale della Campania, accusato ingiustamente di “concorso esterno in associazione mafiosa”, quando 8 anni fa, entrato in Aula consiliare per assolvere al suo compito politico, ebbe come effetto l’uscita dall’Aula dei consiglieri dei 5 Stelle, per protesta contro la presenza di un “indagato”, “non imputato” o “condannato”.
La storia del dopo ha dato piena ragione all’ex consigliere che fu spietatamente messo all’indice in quella seduta di Consiglio; oggi egli siede a pieno diritto in Parlamento, ma non so come possa “digerire” la presenza in “coabitazione” per il “campo largo”, che con la vittoria dell’ex “difensore del popolo”, Conte a responsabile unico (è stato abolito il ruolo del “garante” di Beppe Grillo, fondatore del Movimento) viene riaffermato e ribadito.
Ancora presente mi è la figura “patetica” dell’on. Bersani, indicato dal Capo dello Stato a formare un Governo, dopo il boom dei Pentastellati, quando il 28 marzo 2013 al tavolo delle trattative con i capogruppo dei 5 Stelle, la Lombardi e Crimi, si sentì rispondere alle sue proposte dalla capogruppo Pentastellata:“ l’ho ascoltata e mi è sembrato di assistere a Ballarò”.
Che, dopo le batoste elettorali recenti e meno recenti, i 5 Stelle abbiano modificato atteggiamento, non meraviglia più di tanto: non v’è più la “ norma morale” del vincolo del secondo mandato; non v’ è più la preclusione di non allearsi con nessuno (per la verità, Conte l’ha già fatto come Primo ministro, prima con la Lega di Salvini, poi con il Pd di Zingaretti ), stavolta messa “nero su bianco” nel nome del fantomatico “campo largo”, e tante altre “giravolte” che risparmio al lettore.
Permane, tuttavia, un residuo del vecchio slogan “onestà, onestà“, perché negli slogan apparsi sui manifesti e gridati nella platea dei partecipanti al congresso si parla ancora di alleanze dei “duri e puri”, come solo i 5 Stelle sanno essere, sia pure nella nuova veste contiana.
Ho sempre apprezzato Grillo da artista dello spettacolo, non facendomi trascinare, però, dalla sua “comicità quando divenne politica”. Grillo era, ed è, un “comico” sui generis, perché alcune delle sue battaglie “politiche” le affidava alla sua capacità di reggere da solo uno spettacolo per ore; e certe denunce sociali avevano un concreto senso di verità, come certe battaglie ecologiche.
Poi, “complice” il geniaccio del defunto Casaleggio si “innamorò” del progetto di trasferire in politica attiva le sue battaglie teatrali, portando la “novità” di far eleggere nelle Istituzioni tutti neofiti, la stragrande maggioranza dei quali non sapeva neppure dove era ubicato un consiglio comunale, regionale, parlamentare, ma solo uniti dall’unico collante di “sloggiare i vecchi politici”. Beppe Grillo, in effetti, “sdoganò” tutta una realtà sociale che si esprimeva al massimo in associazioni o nei twitter, dove lo sfogo di vere o presunte angherie sono state sempre per colpa di “altri”.
Ricordo un’intervista fatta ad una neo-eletta della provincia di Latina, che era riuscita a far eleggere anche il figlio, inserendolo nella famosa “piattaforma Rousseau“; costei ambiva a realizzare la riforma sanitaria, perché “competente” nel campo, in quanto infermiera professionale. Come l’ho sempre apprezzato da artista, non ho mai “amato” Grillo per questa sua trasformazione a politico “rivoluzionario”.
Tuttavia, mi ha fatto tanta tristezza ascoltare il boato di applausi pervenuti dalla platea dei partecipanti al congresso, quando è stato annunciato che Grillo era stato cancellato come garante del Movimento. Mi è venuto a mente quando D’Alema, eletto Presidente del Consiglio, grazie anche ai vari “assist” che il giornalista Santoro dava con le sue trasmissioni “unidirezionali”, ad una domanda specifica sul ruolo dello stesso rispose: “Santoro, chi?”.
Così tra poco faranno i tanti “parvenu”, “promossi” grazie a Grillo finanche al ruolo di ministri: “Grillo, chi?”, si sentirà nei prossimi mesi. Ho assistito anche al ritorno della Taverna, la “pasionaria” laziale, assurta a vicepresidente del Senato, famosa per le gaffe quando presiedeva l’Assemblea in sostituzione del titolare e, in barba all’”onestà” non si fece scrupolo di parcheggiare la sua macchina sulle strisce pedonali.
Con l’abolizione del veto dopo il doppio mandato, in effetti c’è il ritorno al “nuovo ovile” di vecchi personaggi, ma,come ha affermato in un editoriale il bravo giornalista Mario Ajello: “Sia le nuove leve, sia quelle delle precedenti legislature, con questi chiari di luna, sembrano in modalità io speriamo che me la cavo!”.
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