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Kiev: la ‘resa’ di Zelensky. Mentre riesplode la Siria

Kiev: la ‘resa’ di Zelensky. Mentre riesplode la Siria

Una duplice morsa stringe i regimi di Kiev e di Teheran. Volodymyr  Zelensky s’inventa l’ennesima ‘purga’ e lancia, come una personale apertura volta alla fine dei combattimenti, un piano di tregua con la Russia ch’è nient’altro che l’ultimo lascito di Henry Kissinger: il progetto di una via per la pace che parta da una tregua che blocchi la situazione com’è, con i territori russofoni recuperati militarmente da Mosca e con l’adesione dell’Ucraina all’UE ed al riparo dell’ ‘ombrello’ della Nato. Patetica messinscena di Zelensky per salvare la faccia e la pelle: è noto, e non certo da ieri, che gli inviati di Donald Trump e di Vladimir Putin sono all’opera appunto per sviluppare questo progetto. Ma con una modifica fondamentale, perché non contempla la partecipazione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica.

Fu questa prospettiva, infatti, che scatenò la reazione del Cremlino a febbraio del 2022. Grave ma comprensibile se solo si pensi alla crisi Usa-Urss nell’ottobre del 1962 per i missili sovietici diretti a Cuba. Da quanto è finora trapelato, la sicurezza dell’Ucraina verrebbe assicurata da un contingente internazionale ma strutturato sostanzialmente su forze europee (segnatamente francesi, britanniche, tedesche e italiane) e dalla vicinanza di una nuova base Nato in Polonia. Insomma, la resa di Zelensky apparirebbe ancora insufficiente per Trump.

La Russia non può più colpire presumendosi inviolabile, ma è inesorabile l’avanzata in Ucraina che s’accompagna alla distruzione di centrali elettriche e impianti colpiti dai droni e dai missili ipersonici Oreshnik. Durante la riunione dell’Organizzazione per la sicurezza collettiva (alla CSTO partecipano Russia, Bielorussia, Armenia, Tagikistan e Kirghizia),  velenosa la risposta di Putin ai missili americani Atacms scagliati contro le basi d’approvvigionamento e i depositi d’armi nelle retrovie delle forze della Federazione: “Noi risponderemo sempre alle minacce verso la Russia. Abbiamo più prodotti sul menù, così che i nostri clienti saranno sempre felici”.

La sortita di Zelensky è speculare rispetto a quanto avviene in Medio Oriente e segnatamente dall’altro giorno in Siria, dove si materializza nuovamente l’incubo dell’emirato fondamentalista sunnita. Un fantasma che dal sepolcro, Idlib, dov’era rinchiuso pare riemergere come uno zombi assetato di sangue e rioccupa Aleppo in poche ore. Il massacro perpetrato da Hamas un anno fa s’è rivelato uno dei calcoli strategici più sbagliati della storia. Non ha esaltato, bensì assestato una mazzata micidiale al ruolo dell’Iran ‘khomeinista’ nella regione. Hamas smantellata con la sua città sotterranea nonostante non abbia voluto rilasciare gli ostaggi per fermare ecatombe e distruzione. Hezbollah decapitata, ridimensionata, umiliata e costretta a mendicare una tregua. Teheran stessa piegata a una prudenza rivelatrice di debolezza e incertezza. E ora la Siria, dove i fondamentalisti sunniti  ‘nutriti’ dalla Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan inaugurano una inaspettata offensiva militare.

Lecito supporre che la decisione di attaccare sia stata incoraggiata da Netanyahu ed abbia ottenuto il tacito consenso di Joe Biden, e non solo. Le milizie iraniane e filo-iraniane (irachene, houthi e di Hezbollah) che fiancheggiano le truppe del presidente siriano Bashar Al-Assad erano state private della ‘mente’ strategica, il generale iraniano Qasem Soleimani - assassinato in un attentato del gennaio 2020 organizzato da Gerusalemme e Washington – e successivamente avevano subìto un ridotto supporto militare di Mosca impegnata in Ucraina. La Russia conta a Tartus sull’unica importante base navale del Mediterraneo ma non è azzardato supporre che non verrà insidiata. I bombardamenti russi furono, assieme al ‘soccorso’ di Teheran sul teatro terrestre,determinanti per salvare  Assad. Il suo regime è espressione della minoranza sciita alawita ma si formò permeandosi del nazionalismo laico del ‘Baath’: il legame con Teheran nasce dalla comune lotta contro Israele.

I bombardieri russi sono ieri rientrati in azione. Ma se prioritario resta il fronte ucraino, i bagliori di guerra in Siria accrescono timori, costi economici e sangue. E favoriscono, almeno apparentemente, l’interesse del Cremlino all’opera della diplomazia.   

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