Tutte le novità
IL NOSTRO POSTO
11 Dicembre 2024 - 09:05
Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca
“Campania in salute”. Questo lo slogan che, da qualche settimana, campeggia sui palazzi e sui muri delle città campane, oltre ad occupare pagine intere dei giornali del Nostro Posto. È la martellante campagna pubblicitaria, pagata centinaia di migliaia di euro di denaro pubblico, con la quale la Regione vorrebbe esaltare la sua azione in tema di sanità.
Ma come potrebbero i cittadini prendersi cura della propria salute in una terra in cui il servizio sanitario pubblico è stato ridotta da diritto in elemosina? Non può certo bastare uno spot, più o meno riuscito, a trasformare la zucca in carrozza se la drammatica realtà quotidiana ci consegna, uno dopo l’altro, fallimenti che negano alla radice il diritto stesso alla cura.
Insomma, mentre il presidente della Regione ci legge, a pagamento, favole tratte dal libro dei sogni, la realtà è fatta di storie horror. Innanzitutto, qualche numero per rendere evidente l’entità di questo disastro: nonostante il fiume di denaro che ogni anno la Campania ha disposizione - nel 2023 circa 17 miliardi di euro! - la nostra regione è fanalino di coda in Italia per erogazione dei servizi, con appena 18 euro pro capite a fronte dei 41 della media nazionale.
Il tasso di “mortalità evitabile” - forse il più terribile dato spia delle responsabilità di chi guida la Regione da 10 anni - si attesta al 25%, superando di gran lunga la media nazionale: e così in Campania si vive due anni in meno rispetto alle altre regioni italiane. Ogni anno 65mila campani - di cui oltre 3.300 pazienti oncologici - sono costretti ad affrontare estenuanti trasferte fuori regione per farsi curare, a costo di enormi sacrifici economici e, ancor di più, umani.
Un dato questo che, da solo, azzera ogni doglianza sulle diseguaglianze nella distribuzione del Fondo Sanitario Nazionale, peraltro frutto degli scellerati accordi siglati nell’altrettanto sciagurata stagione bassoliniana: soltanto il turismo sanitario, effetto dell’impossibilità di curare qui chi ne ha bisogno, succhia quasi 400 milioni di euro l’anno. E chi non può pagare? Semplicemente rinuncia alle cure, anche a costo della propria vita.
A denunciare il costante aumento del numero dei campani che non riescono a pagarsi una visita è la Fondazione Gimbe: nel 2023 circa il 6% (più 1,2% rispetto all’anno precedente) delle nostre famiglie non ha potuto contrastare la malattia! Per non parlare delle liste d’attesa nei nostri ospedali, le più lunghe d’Italia.
Da quando è presidente della Giunta, De Luca una volta promette che le renderà più brevi, l’altra che le svuoterà addirittura: intanto, però, sta di fatto che il miliardo e mezzo specificamente messo a disposizione dal Governo lo scorso anno per ridurre il tempo di visita è andato letteralmente sprecato.
Nel frattempo i tetti di spesa per le strutture convenzionate - che assorbono la maggior parte della domanda dei cittadini - continuano ad esaurirsi nei primi 10 giorni del mese (se tutto va bene). Non solo: offrendo una ulteriore prova di quel mix tra inefficienza e cinismo che è il tratto distintivo del sistema organizzato dalla sinistra al governo, soltanto qualche giorno fa Palazzo Santa Lucia ha stabilito ulteriori tagli dei rimborsi ai laboratori privati col risultato che, dal prossimo 30 dicembre, tutte le analisi, ad eccezione di quelle urgenti, saranno a pagamento.
È quindi inevitabile che i cittadini si riverseranno ancora di più verso le strutture pubbliche, con il conseguente, quanto terribile, ulteriore allungamento delle liste d’attesa. Dalla cura del cancro, promessa di fronte ad un polo oncologico poi restato miseramente sulla carta nel Beneventano, sino ai proclami sulla “sanità migliore d’Italia”, questa stagione verrà ricordata per le promesse faraoniche infrante contro la negazione persino dei diritti minimi in tema di salute: quelli agli interventi di emergenza.
Sto parlando ovviamente della Caporetto della medicina di prima accoglienza, quella dei pronto soccorso. Sapete quanti ne sono stati chiusi nell’ultimo periodo, deliberatamente e con scelte arbitrarie, in Campania?
Oltre 20, senza che si stia facendo nulla per riaprirli. Eclatante è la vicenda del drappello dell’ospedale Sant’Anna e Santissima Madonna della Neve di Boscotrecase, inaccessibile ormai da quasi 5 anni. Sapete quanti medici occorrerebbero per riattivare almeno questo presidio? Appena 5.
In tutti questi anni, mi chiedo (e con me le decine di migliaia di cittadini che danno vita a costanti manifestazioni di protesta, tutte inascoltate) cosa hanno fatto la Regione e l’Asl Napoli 3 Sud per far fronte all’emergenza e rispondere alle richieste di aiuto dei cittadini di un’area che serve un bacino di 250mila utenti? Allo stesso modo niente è stato fatto per la riapertura del pronto soccorso del San Giovanni Bosco di Napoli, col risultato che sono ben più di una le vite spente per mancata assistenza proprio fuori le mura di quell’ospedale.
E c’è voluta una sentenza del Tar per reintegrare la Clinica Mediterranea di Napoli nella rete cardiologica d’emergenza, dopo mesi e mesi durante i quali una scelta tutta politica aveva stabilito che essere colpiti da infarto fulminante nell’area centrale della terza città d’Italia equivalesse a morte certa perché occorreva attraversare tutto il convulso traffico cittadino prima di arrivare ad una struttura sanitaria abilitata a prestare assistenza per una patologia così grave, nella quale il tempismo è tutto. Per non parlare del pronto soccorso dell’ospedale Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, che funziona solo dalle 8 del mattino alle 18 del pomeriggio: un esempio, senza precedenti in Italia e forse addirittura in Europa, di pronto soccorso con orari da ufficio pubblico.
Sempre per quanto riguarda il nosocomio di Sant’Agata de’ Goti, i ricoveri sarebbero stati direttamente bloccati. Una situazione da terzo mondo a fronte della quale una donna è arrivata a scegliere di incatenarsi a una delle ringhiere del campanile della chiesa dell’Annunziata, sfidando il freddo gelido, nonostante le sue precarie condizioni di salute. Ecco, forse è proprio questa l’immagine che fotografa la disperazione a cui si arriva per rivendicare il sacrosanto diritto all’assistenza, ad una sanità degna di questo nome.
Per fortuna, questa triste stagione si avvia a conclusione, con l’approssimarsi delle elezioni regionali. Non si possono promettere miracoli, né tantomeno pensare che sia possibile, con un tratto di penna, cancellare dieci anni di errori e orrori. Ma costruire un percorso fatto di serietà e lavoro rappresenta un atto dovuto ai cittadini campani. E per questo occorrono programmi ed obiettivi, accompagnati da una programmazione puntuale che scandisca le priorità e detti i tempi per restituire il diritto costituzionale alla salute.
Io ritengo che si deve partire dalla ricostruzione di un’adeguata rete di medicina di prossimità, adottando anche in Campania il modello di successo in altre esperienze, anche italiane, che affida ai medici di famiglia - organizzati in rete fra loro e con adeguate risorse - le cure di base e l’assistenza ordinaria, riservando, invece, alla guida pubblica e con costi sostenibili, quella d’eccellenza.
Si deve soprattutto ridisegnare il sistema di gestione delle Asl - oggi ridotte a centri di potere e idrovore di danaro pubblico in mano a potenti “signori della salute” senza responsabilità - per tagliare sprechi e clientele, che restano la principale fonte di inefficienza dei servizi. Soprattutto si deve restituire valore al merito e alle capacità, ponendo fine al tempo dell’arbitrio e dell’arroganza.
Il personale sanitario campano è fatto da donne e uomini capaci e valorosi, che danno quotidianamente prova di competenza e spirito di sacrificio. A loro sono mancati sinora specialmente una guida lungimirante ed affidabile che li ponga in condizione di operare sempre al meglio delle loro capacità. Noi lavoriamo da tempo perché ciò finalmente accada: è questo il nostro impegno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo