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L'intervento

Caso Stellantis, serve una politica industriale

Stellantis: protesta dei lavoratori Trasnova a Pomigliano

Visti i risultati, si potrebbe dire che i cento milioni della buonuscita di Carlos Tavares, ex amministratore delegato di Stellantis, sono il minore dei mali. Resta lo sconcerto di vicende manageriali in cui, mentre si annunciano casse integrazioni e licenziamenti, i protagonisti di cicli imprenditoriali segnati da strategie discutibili vengono comunque ‘premiati’, a prescindere dalla soddisfazione degli azionisti e dalle ricadute sociali per i territori. La crisi di Stellantis in Italia, sotto questo profilo, colpisce soprattutto il Mezzogiorno, dove si produce oltre l’ottanta per cento dei veicoli realizzati nella Penisola. Il caso Trasnova non si limita al licenziamento collettivo di 97 lavoratori impiegati negli stabilimenti Stellantis di Pomigliano d’Arco, Melfi, Cassino e Mirafiori, ma si estende a altre centinaia di unità operanti per ditte subappaltatrici. Al di là del dramma sociale di queste persone e dei loro nuclei familiari, c’è la prospettiva di una estensione della crisi,favorita anche dallo stop impostodall’Unione Europea per l’immatricolazione di veicoli con motori endotermici a partire dal 2035. Se la ‘pandona’, la Panda elettrica di dimensioni più grandi di quella tradizionale, sarà prodotta in Serbia, la logica elementare dice che vi saranno tagli in Italia, con tutti i rischi che ne conseguono per i lavoratori di Pomigliano. L’automotive, naturalmente, ha un peso straordinario per il futuro industriale italiano e del Sud in particolare. Ma lo hanno anche il tessile e abbigliamento, con l’industria del lusso da tempo in flessione. Le elaborazioni Confindustria evidenziano, per i primi nove mesi del 2024, i seguenti cali produttivi: -15,1% per le pelli, -9,5% per l’abbigliamento, -5,9% per il tessile. In una competizione in cui i singoli player possono avere un peso, se hanno dimensioni tipo Stellantis, ma non tale da governare le dinamiche di fenomeni come la transizione ecologica e gli impatti per le filiere produttive, si rende sempre più pressante una politica industriale. Che, come sensatamente ricorda il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, non può essere limitata ai confini di un singolo Paese, ma deve avere un respiro europeo. L’Ue, pur con le difficoltà di una Commissione che si regge su una maggioranza esigua come mai in passato, deve imprimere una svolta al passato. Sostenendo uno sviluppo che, salvaguardando i valori ecologici, non condanni alla chiusura interi settori industriali. Una politica del genere non si costruisce a tavolino, ma la si 

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