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Il punto
15 Dicembre 2024 - 15:05
Ne “Il Punto” di domenica scorsa, avevo sottolineato che, per arrivare ai livelli, pre Stellantis, la Fiat, negli anni, aveva ricevuto dallo Stato tante di quelle risorse (220 miliardi di euro) da far accapponare la pelle.
La sua storia e la sua fortuna, quindi, sono legate soprattutto all'Italia. Per cui, sarebbe giusto che nell'incontro di dopodomani con governo e sindacati per la presentazione del piano industriale per investimenti ed occupazione negli stabilimenti italiani, il gruppo Italo-francoolandese tenesse conto anche di questo. Rivedesse gli accordi con le aziende dell'indotto, consentendo loro di richiamare le lettere di licenziamento ai dipendenti.
E martedì, proprio a Roma, il ministro Urso ha annunciato che Stellantis aveva prorogato i contratti alle aziende interessate che, a loro volta, avevano revocato i 249 licenziamenti. Tutto a posto, allora? Per niente! Si tratta di una proroga di soli 12 mesi, strumentale a decidere cosa fare della Gigafactory di Termoli, a metà 2025. Compiuto il primo passo, ora bisogna fare gli altri.
A cominciare proprio dalla scelta per Termoli, piano industriale e indotto Elkann può e deve insomma dimostrare di avere a cuore le sorti dell'Italia. Il Paese, cioè, che l'ha vista nascere, contribuendo a farla crescere, ne è stato a lungo il cuore pulsante, accompagnandola fino a farla diventare quella che è: il marchio leader di un gruppo forte di ben 14 fra i prinncipali brand mondiali dell'automotive.
Con un peso sull'economia italiana tutt'altro che indiferente: 273 mila addetti, per 5.528 aziende, 86 miliardi di fatturato, il 9,9% del comparto manufatturiero e il 5,5% del Pil nazionale. E negli ultimi 4 anni ha portato a casa, girandoli ai propri azionisti, ben 23 miliardi tra dividendi e riacquisto di titoli propri, ma “mandando” a casa oltre 10mila dipendenti, incentivando esodi e cassa integrazione.
Sicché, ora sarebbe tempo di ricambiare, senza continuare a pretendere. E, poi andare ad investire 4 miliardi per una gigafactory in Spagna, lasciando la produzione della nuova 500 ibrida a Mirafiori e, “fra color che sono sospesi”, Panda e Pomigliano e indotto. Approfittando che il segretario generale della Cgil, Landini, impegnato a far politica e mettere in scena, per altro, a step settimanali, la pantomima di una sorta di “rivoluzione d'ottobre”, ma a Natale.
Si gira dall'altra parte, non se ne accorge e parla d'altro. Del resto - come diceva De Tocqueville - gli pseudo rivoluzionari “sono “sempre pronti ad abbattere, ma mai a costruire”. Non è un caso che – nel momento in cui, il quotidiano Usa “Politico eu”, assegna alla Meloni il titolo di “persona più potente d'Europa”, “Forbes la inserisce al terzo posto, fra “le più influenti” dopo la von der Leyen e Lagarde.
I dati della Cgia di Mestre confermano che negli ultimi 2 anni, sono nati 900mila posti di lavoro, di cui il 50% donne; sono cresciuti i posti fissi, diminuiti disoccupati e precari, nel Sud si assume grazie alla crescita degli investimenti pubblici legati al Pnrr, costruzioni ed esportazion; sono stati spesi 59 miliardi di risorse europee e si punta ad arrivare a 64 entro fine anno; il ministro Giorgetti sta cercando di mettere a punto un decreto che semplifichi l'erogazione dei fondi e il suo collega Urso ha raggiunto l'accordo con Bruxelles per snellire il sistema d'incentivi dell'eccesso di burocrazia e la costituzione di un fondo da 320 milioni per le piccole imprese, per sostenerne l'autoconsumo di energia.
Lui chiede per il rinnovo del contratto dei dipendenti comunali, di ridurre l'orario settimanale da 36 a 30 ore, distribuite su quattro giorni di lavoro. Ma a paga invariata. Per fortuna, ormai i lavoratori li hanno “sgamati” e non si meravigliano più se i 6 eroi dell'apocalisse: Landini, Bombardieri, Schlein, Conte, Bonelli e Fratoianni non parlino più di lavoro e lavoratori se non per accusare il Governo per i bassi salari e la mancata introduzione del salario minimo (9 euro all'ora, ma netto o lordo?) per legge, come se questo, potesse davvero servire a migliorare la situazione e far crescere il potere d'acquisto dei dipendenti.
E insieme, Cgil e Uil chiedono agli stessi addetti della Pa di firmare la richiesta di un referendum per cancellare il rinnovo di un contratto con aumenti da 160 euro lordi mensili e la settimana cortissima di 4 giorni a parità d'orario (36 ore). Che il “gatto e la volpe” non hanno firmato.
Ciò spiega perché, ai loro scioperi, di lavoratori veri se ne vedano pochini, mentre di gruppi studenteschi, alternativi, autonomi, Pro Pal ed immigrati che non hanno alcuna voglia di integrarsi, ma protestano perché non “integrati”, gente, insomma, che va in piazza per menare le mani contro le forze dell'ordine (che cominciano a preferire di non difendersi, per non finire inquisiti, colpevolizzati, processati con difesa a proprio carico) se ne incontrano tantissimi.
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