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La riflessione

Quelle visite guidate da ombrelli “spelacchio”

È auspicabile che l’assessorato al Turismo e alle Attività Produttive si adoperi per far adottare un guidone o uno stendardo con i colori della bandiera civica di Napoli

Quelle visite guidate da ombrelli “spelacchio”

Eduardo De Filippo

Quest’anno, per il 40° anniversario della scomparsa di Eduardo De Filippo, si sono dette, ridette e scritte cose molto interessanti sul geniale artista. Nella rivisitazione del commediografo e della vasta aneddotica che lo distingue, si è cercato di raccogliere e segnalare ogni curiosità.

Ma è sfuggita o tralasciata quella riguardante l’ultima commedia, che, meditava e diceva di voler scrivere da anni e mai scritta, soltanto con il titolo pronto: ”Pare brutto”. Un modo di dire, popolarissimo, in passato, nel consigliare equilibrio, misura, buonsenso e buongusto nelle cose, di tale facile e ampia applicazione alle vicende, grandi e piccole, della quotidianità, da potervi trovare materia e spunti per laennesima esilarante commedia.

Eduardo, oltre a ispirarsi al teatro quotidiano della gente comune, aveva appreso dalla nonna materna Concetta proverbi e detti. Tra questi figura anche “Pare brutto”, usato in anni lontani per indicare in famiglia o nella cerchia delle conoscenze, più vicine, qualcosa che stonava ooccorreva correggere se si sforava la normalità.

Qualche esempio: una ragazza aveva la gonna troppo corta? Un “pare brutto” poteva servire a fargliela allungare. In un rione c’era statoo c’era un lutto, se qualcuno se ne dimenticava, facendo chiasso oalzando il volume della radio, anche in questo caso suggeriva silenzio e rispetto. In due parole pacate, se si riflette, si condensa il galateo più soddisfacente.

Negli ultimi mesi mi è tornato spesso in mente questo motto eduardiano nel vedere carovane di turisti, quelle definite da visite guidate, inalberare di frequente, come riferimento orientativo, le cose più bizzarre.

Un guazzabuglio, un campionario vasto, in prevalenza di vecchi ombrelli “spelacchio”, da tempo in disarmo, seguono poi indumenti da bandiera bianca, qualche pupazzo, sorretto, e non aggiungiamo dove, da un ombrellino da vignette di Altan.

Recentemente abbiamo visto agitare anche una “coda di volpe”, da trofeo di caccia imbalsamato e più di un’asticella con nastrino. Fino a qualche anno fa, essendo i flussi più limitati, non si notavano queste “creazioni”.

Ora, con l’assedio dell’overturismo e la moltiplicazione delle carovane, dall’alba al tramonto, sempre più spesso capita di imbattersi in queste sorprese itineranti. Tra le tante problematiche da risolvere, nessuno si sogna di voler aprire un fronte polemico su discutibili, improvvisati vessilli, meritevoli di un pacato: ”Pare brutto”.

Meno che meno si ha voglia di avventurarsi in una disputa infinita “se la profondità sta in superficie o la superficie nasconde la profondità”. Un “certamen” che, nel corso dei secoli, ha visto in campo filosofi, artisti, grandi pensatori, e che, anni fa, lo scrittore Alessandro Baricco ha volto e risolto a suo favore con un concetto condivisibile: “Tutto avviene in superficie: il mito della profondità è superato”.

Tornando alla nostra superficie quotidiana delle carovane turistiche e dei loro vessilli sciatti, per dare un concreto esempio di disciplina e di rispetto, è auspicabile che l’assessorato al Turismo e alle Attività Produttive, tra i tanti impegni accresciuti, si adoperi perché in cima alle carovane delle visite guidate vi sia un guidone o uno stendardo con i colori della bandiera civica di Napoli.

Sarebbe un buon segnale. Utile sotto ogni profilo, estetico e comportamentale, non solo per i turisti ma anche per le numerose scolaresche in visita alla città, facendogli meglio percepire senso e rispetto della comunità.

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