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Lettera ai lettori

Legalità, ordine, sicurezza e quei togati avidi di potere

La riflessione di Pietro Lignola

Legalità, ordine, sicurezza e quei togati avidi di potere

Cari amici lettori, lo Stato nasce per assicurare pace e serenità fra i cittadini, evitando gli scontri fra singoli e gruppi. Tutto questo avviene mediante l’emanazione e l’applicazione delle norme. Se quest’applicazione avviene per opera sia degli enti pubblici sia dei cittadini, nella comunità regna a legalità e quindi l’ordine pubblico. Quest’ordine viene mantenuto con la repressione delle sue violazioni e il ripristino delle situazioni violate. In uno stato democratico le norme sono emanate dal Parlamento e fatte osservare dal governo, dalla magistratura e dagli organi di polizia. In tal modo è assicurata la sicurezza dei cittadini, che è il fine primario di tutta la pubblica attività. Tutto questo nel mondo contemporaneo non accade spesso. Certamente non in Italia. Il problema principale del nostro Paese è l’immigrazione clandestina. Non dimentichiamo mai l’aggettivo. L’immigrazione è prevista, anche dalla Costituzione, ma deve avvenire secondo la legge. All’uopo esistono i consolati, ai quali gli stranieri chiedono il permesso di immigrare e il governo segnala di quali tipi d’immigrati il paese abbia bisogno. Essere clandestino sigifica già essere contro la legge. Trovo assurdo che un clandestino possa delinquere e ciò nonostante rimanere in Italia. Le forze dell’ordine, al contrario, meritano rispetto e riconoscenza per la funzione che svolgono. Io resto sconvolto quando leggo che è inquisito un carabiniere o un poliziotto per aver reagito alle immotivate violenze di un clandestino. Rimango disgustato quando vedo manifestanti (di solito a favore dei criminali islamici) non autorizzati che usano violenza alle cose e attaccano le forze dell’ordine e leggo poi che s’indagano i poliziotti aggrediti. La protezione e la sicurezza non sono più per i cittadini onesti e tranquilli, ma per i violenti. Questo secondo, gravissimo problema, nasce da quella parte della magistratura che, dicendosi democratica, trova in ogni caso il modo di far danno al popolo stesso. Io ho fatto il magistrato per cinquant’anni e otto mesi, sono figlio di un magistrato, padre di un magistrato ed anche il nonno di mio nonno faceva la stessa professione. Vorrei che la magistratura fosse sempre esemplare come la ricordo in tempi passati. Ora mi affligge molto vedere che difende i delinquenti e perseguita gli innocenti. I delinquenti, per un motivo o per l’altro, sono tutti in giro. Innumerevoli, al contrario, sono gli innocenti processati e detenuti, a volte per mesi o per anni, prima che loro innocenza sia riconosciuta. Ancor peggio quando, dopo anni di galera, si scopre che il condannato era innocente o, addirittura, omonimo del vero responsabile. Mi fa male venire a sapere che magistrati, penalmente condannati per fatti commessi nell’esercizio delle loro funzioni, continuino a esercitare le stesse senza nemmeno cambiar sede o ramo di attività. Mi fa male vedere magistrati che fanno politica e magari proseguono a farla nelle aule parlamentari, senza astenersi quando il parlamento indaga sul loro precedente ufficio. Abbiamo avuto, in un passato non lontano, perfino un magistrato che, dopo aver emesso condanne a morte, è stato Capo dello Stato, uno dei peggiori. Abbiamo ora chi rappresenta la categoria e pretenderebbe di governare lo Stato, invece di applicare le leggi. Rischiamo di arrivare al livello della Romania, ove un collegio giudiziario pretende di stabilire chi devono votare gli elettori. La cosa peggiore, poi, è che la maggior parte dell’opposizione politica sia solidale con questi togati avidi di potere (e viceversa). Non mi stancherò mai di dirlo: con questa immigrazione e questa magistratura non ci può essere democrazia; anzi, non può esserci civiltà. Finiremo col rimpiangere il feudalesimo e la civiltà delle caverne. 

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