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LETTERA AI LETTORI

La sentenza Salvini e le riforme necessarie

L’opportunità, anzi la necessità e l’urgenza della separazione delle carriere, anche per eliminare un Csm dominato dagli inquirenti

La sentenza Salvini e le riforme necessarie

Cari amici lettori, questo anno movimentato si chiude con un punto fermo. La sentenza del Tribunale di Palermo che ha assolto Matteo Salvini conferma molte verità contestate e apre la strada a una seria riforma della giustizia. Un processo durato oltre cinque anni e autorizzato (ahinoi!) da un voto del Parlamento si fondava, com’eravamo convinti sin dall’inizio, sul nulla. Anzi, sul rapporto anomalo fra i “democratici” della sinistra e quelli della magistratura. Qualcosa di simile esiste in molti altri paesi della “democrazia occidentale”. Questo è vero: lo dimostrano molti casi, fra cui i più rilevanti sono la persecuzione di Donald Trump e l’annullamento delle elezioni rumene. Tuttavia il caso italiano è più grave ed evidente. Esso è esploso con “Mani pulite”, che distrusse i partiti della prima repubblica, a eccezione di quello comunista, è proseguito con la persecuzione di Silvio Berlusconi, è sfociato nel processo a Salvini per concludersi con l’assalto alla regione Liguria.

Tutto questo non ha danneggiato solo il potere politico, ma la stessa magistratura, che è discesa a un livello molto basso nella valutazione popolare. Il Tribunale di Palermo, con la sua sentenza, ha dato una potente frenata a quest’andazzo. Si è scoperto che "C'è un giudice a Palermo”. La differenza con Berlino sta nel fatto che allora il sovrano sconfitto elogiò il giudice, mentre oggi il potere sconfitto non sa che dire. La mia prima osservazione è che la magistratura giudicante è più seria di quella requirente e applica le leggi invece di inventarle o abolirle. Nessuna osservazione, ovviamene, ha un valore assoluto: ci sono anche ottimi inquirenti e pessimi giudicanti, ma la sensazione complessiva è di una maggiore serietà professionalità dei giudicanti.

Questo conferma l’opportunità, anzi la necessità e l’urgenza della separazione delle carriere, anche per eliminare un Csm dominato dagli inquirenti. Il progetto governativo al riguardo mi sembra accettabile e, certo, va limato, ma deve andare avanti con la massima velocità possibile. Una riforma forse prematura, ma abbastanza ragionevole, mi sembra rendere elettiva la magistratura inquirente, per assoggettarla al periodico giudizio del popolo sovrano. Sarebbe qualcosa di radicale, per cui l’attuale legislatura non è preparata, ma si potrebbe cominciare a pensarci per il futuro. La mia seconda osservazione riguarda l’ufficio dei Gip. I vecchi giudici istruttori funzionavano molto meglio. Oggi il filtro fra le accuse e il processo non funziona. L’effetto è un esagerato accesso al dibattimento e un affollamento dei ruoli che accresce irragionevolmente la durata del processo.

L’ovvia assegnazione dei magistrati dell’udienza preliminare all’ordine giudicante potrebbe essere utile anche ai fini di una maggiore indipendenza rispetto al pubblico ministero, ma non basta. L’udienza preliminare deve essere più selettiva e questo richiede una riforma del rito preliminare dei poteri attribuiti al Gip. La mia terza osservazione riguarda la necessità del ripristino dell’immunità parlamentare. Essa, però, dovrebbe essere accuratamente regolata e mai comprendere i reati precedenti l’elezione dell’indiziato. Bisogna smetterla di eleggere i criminali perché evitino il processo. L’argomento è vasto e richiede studi approfonditi. Io, purtroppo, non spero di vederli conclusi. Mi auguro, però, che i miei figli la vedano e i miei nipoti possano valutarne gli effetti.

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