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Il dibattito

La tradizione teatrale e il rispetto per Eduardo

Le ultime interpretazioni di classici eduardiani ci costringono a interrogarci sul senso del teatro contemporaneo e sul rispetto che dobbiamo a una tradizione straordinaria

La drammaturgia napoletana tra Paola Riccora ed Eduardo

Eduardo De Filippo

Le ultime interpretazioni di classici eduardiani ci costringono a interrogarci sul senso del teatro contemporaneo e sul rispetto che dobbiamo a una tradizione straordinaria. Vincenzo Salemme, figlio di Napoli e attore di talento, si è cimentato su Raiuno con “Natale in casa Cupiello”. Tuttavia, il risultato è stato una rappresentazione che, più che omaggiare Eduardo, sembrava travisarne il messaggio.

Salemme ha trasformato Luca Cupiello in una caricatura: un guitto esagitato, lontano anni luce dalla profondità e dalla vulnerabilità del personaggio originale. Eduardo non scriveva solo commedie; il suo teatro era un’esplorazione dell’animo umano, un misto di tragedia e comicità che scavava nel cuore dei personaggi. Qui, invece, ci siamo trovati di fronte a un’interpretazione urlata, carica di inutili aggiunte, che ha tradito lo spirito eduardiano. La scelta del cast, poi, ha ulteriormente contribuito a questa “non rappresentazione”.

Nicola Percuoco sembrava più il bisnonno di Ninuccia, con un’evidente dissonanza che spezzava la credibilità della messa in scena. Ciò dimostra che non basta un buon attore per interpretare Eduardo; serve una sensibilità particolare, una comprensione profonda del testo e dei personaggi. Non è la prima volta che assistiamo a riletture poco convincenti di Eduardo. Sergio Castellitto, ad esempio, ha offerto una versione poco incisiva in “Sabato, domenica e lunedì”.

Tuttavia, non mancano esempi virtuosi: Mario Martone ha saputo reinterpretare il “Sindaco del rione sanità” con attori giovani e una regia moderna, mantenendo intatto lo spirito dell’opera. Toni Servillo, poi, in alcune interpretazioni ha sfiorato la grandezza di Eduardo, dimostrando che è possibile rendere omaggio al maestro senza tradirlo.

Anche Mascia, con il suo “Uomo e galantuomo”, ha trovato un equilibrio tra rispetto per il testo e innovazione. Questo dimostra che è possibile portare in scena Eduardo con modernità, ma sempre con la consapevolezza della sua profondità.

Di fronte a esperimenti falliti come quello di Salemme, sorge una domanda: perché non aprire un dibattito pubblico? Come amante del teatro e come persona che ha avuto la fortuna di lavorare con grandi interpreti come Sergio Solli, mi chiedo se non sia giunto il momento di confrontarci su come riproporre Eduardo senza svilire il suo teatro.

Solli, che aveva davvero imparato dal maestro, avrebbe reso Luca Cupiello con dignità e sensibilità, rispettando il personaggio e il suo mondo. Il teatro è arte, ma anche responsabilità. Portare in scena Eduardo significa abbracciare la sua eredità, senza trasformarla in una farsa. Perché il teatro, come diceva il maestro, è vita, e la vita non si grida: si vive. 

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