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L'opinione
02 Gennaio 2025 - 13:06
La crescita del pil e dell’export del Mezzogiorno superiore alla media Paese fa sperare in un recupero graduale del divario Nord-Sud. Ma i riscontri in termini di lavoro, per quanto ottimismo si voglia sviscerare, lasciano basiti. A fine del terzo trimestre 2024, il tasso di occupazione del Mezzogiorno risulta cresciuto del 4,4% rispetto al 2019. Un incremento non superiore a quello registrato nel Centro, più elevato solo rispetto al +1,8% del Nord. Ci sarebbe di che essere soddisfatti, se si dimenticassero due elementi fondamentali. Il primo sta nel dato di partenza: a fine 2024 il tasso di occupazione del Sud è ancora di poco inferiore al 50%, venti punti sotto quello del Nord! Il secondo sta nell’insufficiente impatto, del Pnrr, che avrebbe dovuto e può ancora dare un contributo per la coesione territoriale di questa Penisola divisa socialmente ed economicamente a metà. Se, dopo l’ingente flusso di risorse attivato, l’occupazione meridionale cresce di qualche punto e non a ritmi cinesi, quando mai si potrà colmare la distanza? Nel Mezzogiorno, finora, a decollare sono stati soprattutto settori come il turismo, caratterizzati da livelli di qualificazione medi meno avanzati dei comparti manifatturieri e da aree grigie, tipo barettini o bed and breakfast, segnati da bassi salari o lavoro sommerso. Nel Sud, insomma, la questione occupazionale resta centrale. Per una forte crescita del tasso di occupazione serve espandere il manifatturiero e far emergere sacche di lavoro nero. Finché questo fenomeno virtuoso non si concretizzerà, non vi sarà quel forte aumento della base imponibile che potrebbe permettere anche una più equa ripartizione degli oneri fiscali. Ancora nel 2023, il 15% dei contribuenti italiani ha versato il 63,4% dell’Irpef. Si tratta di dichiaranti da 35 mila euro in su, corrispondenti per grandissima parte al cosiddetto ceto medio. Ci sono poi una fascia di evasori totali che si fa beffe della collettività e, infine, un’ampia area di assistiti perché in condizioni precarie. Tra costoro vanno annoverati soggetti con redditi minimi e lavoratori del sommerso. Come si vede, la svolta vera per l’Italia, con l’effettivo abbassamento del gap, deriverebbe da un aumento vertiginoso dei tassi di occupazione al Sud. Oltre a coloro che troverebbero lavoro, beneficiari sarebbero i contribuenti più gravati dalla pressione fiscale, che finalmente potrebbero godere di una diminuzione di aliquote reale, e non compensata dalla perdita di detrazioni, come sta avvenendo anche con l’ultima manovra finanziaria.
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