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L'intervento
07 Gennaio 2025 - 09:12
Piersanti Mattarella
Verrebbe da dire che hanno aspettato la notte della Befana per riaprire, dopo la bellezza di 45 anni, l’inchiesta giudiziaria sulla brutale uccisione di Piersanti Mattarella, freddato dai killer a Palermo esattamente il 6 gennaio del 1980.
Come niente fosse, come se quel tempo infinito di dolore per i familiari rimasti senza giustizia e per l’Italia tutta non pesasse ancora come un macigno sulle coscienze del Paese, alla vigilia dell’Epifania 2025 la Procura di Palermo fa arrivare l’annuncio: abbiamo iscritto nel registro degli indagati due soggetti legati alla mafia con l’accusa di essere i sicari dell’ex presidente della Regione Sicilia.
C’è da restare increduli. Ma con quale coraggio la magistratura italiana ci fa sapere di aver impiegato quarantacinque anni per cominciare ad ipotizzare chi fossero gli assassini di Piersanti Mattarella? Probabilmente è lo stesso “coraggio” con cui, solo poche settimane fa, un gip di Roma ha respinto l’ennesima richiesta di archiviazione per il delitto di Simonetta Cesaroni, avvenuto il 7 agosto del 1990.
Trentacinque anni: tanti ce ne sono evidentemente voluti, alla Procura di Roma, per iniziare a domandarsi se per caso i “poteri forti” fossero intervenuti a depistare le indagini di allora sul delitto di via Poma…. Ma come fanno? Fidano sulla memoria corta degli italiani, sul senso di rassegnazione tipico del nostro Paese, oppure sanno che possono andare ancora oltre, pretendere altri cento anni di proroghe per cominciare a farci intravedere almeno un barlume di verità e giustizia?
O non è forse il caso di domandarci se tanti “misteri di Stato”, come il brutale delitto di Ilaria Alpi, o la strage del Moby Prince - e l’elenco sarebbe ancora lunghissimo - non sarebbero mai stati coperti per decenni da simili coltri di omertà e silenzio, qualora in Italia vigessero assetti del potere giudiziario analoghi a quelli dei Paesi civili?
Mi riferisco all’articolo 104 della Costituzione, che regola la composizione del Csm ed assegna la maggioranza assoluta (due terzi) ai magistrati di carriera. Avremmo avuto un’Italia diversa, più libera dal peso soffocante di tante verità occultate, se il Csm fosse stato composto per metà da togati e per l’altra metà da laici espressi dal Parlamento, come avviene in tutta Europa?
Noi siamo convinti di sì ed è per questo che sta nascendo un Comitato per la modifica dell’articolo 104 della Costituzione. Lo scopo è quello di riportare nel Consiglio Superiore della Magistratura quell’equilibrio fra laici e togati che era stato deciso in origine da grandi padri costituenti, come Umberto Terracini e Meuccio Ruini.
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