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L'analisi
11 Gennaio 2025 - 11:13
Quel “metodo scientifico”, oggi consolidato e accreditato come unica vera via di accesso alla conoscenza e alla verità, si è sviluppato storicamente partendo dallo strumento naturale e biologico della razionalità umana e ha fondato le proprie premesse su un uso combinato della Logica, della Matematica e dell’Esperimento. Famosa è la posizione di Galileo Galilei, padre ufficiale del metodo scientifico moderno, che riteneva necessario associare le “sensate esperienze” alle “necessarie dimostrazioni”. Il cammino del mondo contemporaneo è in fondo un cammino di sapienza che, allontanatosi sempre più da ogni forma di trascendenza e di metafisica, procede soltanto lungo i binari posti dalla filosofia positivista, caratterizzati dal predominio assoluto della Tecnica e dall’ideologia del “progresso”. Finanche la Filosofia oggi sente il bisogno - e spesso addirittura la necessità - di dover giustificare se stessa di fronte alle scienze moderne e sente come propria deficienza quei suoi caratteri coestensivi ed essenziali che appartengono alla propria non scientificità in senso galileiano. La scienza moderna che nell’indicare e nel perseguire le “magnifiche sorti e progressive” del genere umano ha ottenuto una serie indiscutibile di successi tecnici e di vantaggi materiali per l’uomo, ha anche sollecitato, come altra faccia della medaglia, una forte propensione umana verso la via della mercificazione, della produzione indiscriminata di beni di consumo e, in generale, del consumo di massa fine a se stesso ed eterodiretto. Ha ridotto la Realtà alla materialità, al corpo, alla cosa, all’oggetto. E ha creato legami pericolosi tra conoscenza, industria, capitale e informazione. In definitiva, la scienza moderna è stata come una droga (il Pharmakon di greca memoria, che poteva essere farmaco o veleno) che ha conquistato alcuni pericolosi istinti dell’umanità, sollecitandoli sino alle estreme conseguenze e, nel momento delle libere scelte, ha illuso gli uomini e li ha instradati in un percorso materialistico fatto di corpi che consumano risorse per soddisfare edonisticamente istinti materiali o per assopire ogni umana sensazione di vuoto e angoscia esistenziale e narcotizzare quell’ innata vocazione umana alla ricerca dell’oltre. Già il mito greco del vaso di Pandora aveva messo in guardia il genere umano dai rischi dell’hybris, della tracotanza e già tutta la tradizione occidentale, culturale e religiosa, aveva pure messo in guardia l’Uomo dai rischi legati a scelte di orgogliosa superbia, finalizzate a nutrire soltanto la potenza e la fortuna dei corpi da cui è stato esautorato ogni anelito spirituale. È infatti sotto gli occhi di ciascuno di noi come la scienza moderna, abituata a percorrere i soli sentieri della materia e a ricercare principalmente il benessere fisico, abbia innescato una serie di problemi nell’ecosistema umano e terrestre e una frattura forse insanabile in un ordine universale entropicamente inteso a favore della vita. Inoltre, così come è già accaduto per la Filosofia, anche l’Umanesimo e la Medicina hanno abbandonato la loro essenza più profonda, abdicando facilmente a molte delle loro fondamenta etiche, esistenziali e anche metafisiche e sembrano quasi ossessionati dal timore di essere criticati e ostracizzati laddove tentano di discostarsi, anche soltanto di pochissimo, dai più consolidati postulati scientisti. È fuori discussione, dunque, che oggi non soltanto la metafisica, ma anche tante forme di spiritualità insite nella natura umana sono state sconfitte o, quanto meno, accantonate per un errore di calcolo e di percorso della moderna scienza umana. Noi, però, possiamo provare a recuperare qualcosa di questo immenso patrimonio sacrificato sull’altare di un progresso lineare diventato ottuso e insensibile a ogni elemento valoriale di ordine non materiale. Possiamo, per esempio, provare, lentamente, ma con tenacia e costanza, a reintrodurre, soprattutto a vantaggio delle giovani generazioni, l’educazione e l’allenamento a quella bellezza buona che trova le sue migliori espressioni nell’arte e nella poesia che sono state parte fondamentale della nostra grande tradizione mediterranea. Possiamo ancora provare a darci una possibilità di riscoperta di valori spirituali e di un rinnovato equilibrio proprio rivolgendoci a quella bellezza, che “salverà il mondo”, come Dostoevskij fa dire al suo principe Miškin. Tenendo ben presente, però, che la bellezza, da sola, non ha il potere di cambiare il mondo se noi non ci impegniamo con forza a difenderla e a preservarla.
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