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l'opinione
14 Gennaio 2025 - 09:38
Il recente rinvio a giudizio dei quattro attivisti di CasaPound (Paolo Primirena, Taras Buha, Vittorio e Roberto Acuto), accusati di aver violentemente aggredito, un anno fa, il fotografo Roberto Tarallo, ha visto anche l’ammissione dell’Anpi di Napoli, patrocinata dall’avvocato Maria Giorgia de Gennaro, come parte civile. Oltre l’inequivocabile significato politico (affermazione dell’antifascismo e lotta ad ogni espressione di violenza), la decisione presa dall’Anpi di Napoli rappresenta anche il volto rinnovato dell’Associazione dei Partigiani di Napoli, che, dopo il XVII Congresso Nazionale, ha ampliato il suo campo d’azione, incidendo positivamente nei gangli politico-culturali della vita cittadina.
Fino qualche anno fa, infatti, l’Anpi di Napoli, pur con preziose testimonianze di protagonisti viventi e/o con riproposte di episodi di partecipazione personale, era per lo più schiacciata sulla commemorazione delle Quattro Giornate. In una società (dis)educata ad inseguire miti effimeri era evidente che una semplice narrazione di un evento storico non potesse avere un’attrattività continuata fra le generazioni distanti per età e partecipazione dal cosiddetto “secolo breve”. È stato perciò necessario che l’Anpi si rendesse protagonista di un percorso più vivace e seducente, per rinnovellare non tanto le imprese di un importantissimo evento storico, quanto piuttosto di estrarne e renderne traducibile nell’oggi l’eredità costituita da idealità e valori tesi a preservare la Memoria ed a sostenere percorsi di Pace, di confronto, di integrazione, di rispetto fra (e dei) popoli.
Ed ecco, allora, che nella città di Napoli e nella sua vasta area metropolitana il lavoro messo in campo dalla nuova Anpi di Napoli sta dando i suoi frutti. C’è, infatti, un riconoscimento unanime del nuovo corso e laddove risulta purtroppo sconosciuto (?) l’acronimo Anpi,nasce almeno la curiosità di informarsi, di chiedere, di cercare di sapere. Così l’Associazione napoletana dei partigiani ha intessuto una ricca rete di rapporti con altri enti ed istituzioni, è stata promotrice o coprotagonista di confronti politici, si è adoperata nel promuovere presentazioni di libri e, soprattutto, è entrata con maggiore frequenza nelle scuole. Insomma, un grande attivismo. Un grande attivismo che richiede un’esposizione continua, antenne tese a rilevare bisogni ed esigenze, capacità nel facilitare percorsi di partecipazione.
Ma anche un grande attivismo per rilanciare il significato moderno e contemporaneo dell’essere partigiano. A quanti, infatti, ancora pensano che gli anni della Resistenza sono lontani, che di partigiani non se ne ravvede più la necessità e che un’Anpi senza partigiani combattenti potrebbe essere improponibile, basta ricordare che partigiano (oltre al significato di chi sceglie di stare da una parte) è colui che si preoccupa di costruire, sostenere e difendere un cammino di umanità e di futuro. Praticamente un sinonimo di partigiani: tutti. E di questo bisogna dare atto che l’Anpi di Napoli lo sta facendo con serietà e determinazione.
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Commenti all'articolo
Francesco
15 Gennaio 2025 - 08:17
Il giornalista in questione, «aggredito violentemente», se ne andò con le sue gambe! Poi mi chiedo se voleva solo documentare i fatti, oppure provocare i manifestanti! Le aggressioni di segno opposto passano spesso come reazioni legittime! Inoltre non capisco cosa c’entra l’ANPI: vuole un eventuale risarcimento-danni? Vuole un ministero della propaganda?
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