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carte da viaggio
14 Gennaio 2025 - 09:52
Oliviero Toscani
Irriverente, provocatorio, impertinente, Oliviero Toscani era un terrorista dell’immagine. Viveva accompagnato da uno strano presagio. La capacità di vedere l’ evoluzione della società prima degli altri, con anni di anticipo. Se ne accorse anche il mitico David Bowie che, in una sua celebre canzone, pose l’accento su quella intuitiva vocazione, sottolineando come, attraverso quelle foto, fosse possibile interpretare i cambiamenti della società del mondo.
Le sue campagne pubblicitarie restano ancor oggi oggetto di studio a livello planetario. Hanno toccato tutti i temi del sociale: dal razzismo alla guerra, dalla mafia alla cristianità. Fu profondo anche il suo messaggio sulla morte. Prima, fotografando i detenuti di nove penitenziari statunitensi, prigionieri nel braccio delle esecuzioni. Poi, attraverso l’immagine di una fotografa americana che, nel 1992, in un periodo in cui poco si sapeva di questa patologia, aveva immortalato un malato terminale di Aids con la famiglia al suo capezzale. Entrambe le foto erano finite sui giornali, con il caratteristico marchio verde della Benetton, suscitando polemiche e censure.
Si definiva, in controtendenza, un fotografo pubblicitario ma per molti era un artista. Fu essenziale, nella sua carriera, il rapporto di complicità con Luciano Benetton e la sua azienda. Ebbe carta bianca, su tutta la linea, e poté esprimersi senza reticenze. Determinando il successo suo e di quel marchio. Raramente, in tutto il Novecento, un sodalizio artistico – imprenditoriale ha funzionato con questa sapiente fantasia. Di lui mi restano molti ricordi. Incontrandolo casualmente, anni fa, in Versilia, ebbi modo di dirgli come guardando i suoi scatti, i suoi ritratti avessisempre pensato che la foto fosse solitudine. Un dialogo, una sfida, un duello perverso e silenzioso tra chi scatta e l’ immagine. Il tuo avversario è lì, fermo, immobile, davanti a te. Pronto ad essere inquadrato, fissato, incorniciato.
Nulla che vi divida, solo un semplice diaframma. Non ho mai capito se quell’immagine imprigioni un attimo di vita o un presagio di morte. Ma Toscani la pensava diversamente. Quei ritratti erano gente che lo fotografava e quegli occhi avrebbero indagato nel tempo il mondo, interrogandolo. Un baricentro visivo immaginario che si spostava di centottanta gradi, offrendo soluzioni interpretative inedite, originali, sicuramente rivoluzionarie. Figlie di quella lucida, fragile, sorprendente creatività.
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