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Lo straniero
18 Gennaio 2025 - 12:05
Che i fatti siano testardi è stato espresso da due uomini diversi: Mark Twain (1835- 1910), giornalista, scrittore e uomo d’affari americano e Vladimir Lenin (1870-1924) segretario generale del partito comunista e primo dirigente della Russia sovietica. Questa, dunque, è una verità che supera le frontiere. Voltaire (1694-1778) aveva già criticato l’ottimismo a oltranza del filosofo Leibnitz, il quale dice che tutto va bene finché non va male. Egli lo giudica beato e controproduttivo in quanto ci si copre gli occhi davanti ai problemi, senza poterli così risolvere. Ciò che vuol dire Candido con la sua famosa frase alla fine della sua avventura: “Bisogna coltivare il proprio giardino”. Per migliorarlo bisogna raccogliere le pietre di tanto in tanto e togliere via le erbacce che crescono attorno alle piante. A Napoli si fa il contrario in quanto leggo sulla stampa dei commenti ingannevoli sulla scuola, sul lavoro e sull’economia annunciati da titoloni spavaldi: “Napoli torna a scuola”; “Lavoro, il Sud fa da traino”, “Il Sud, locomotiva economica d’Itali”, “Grazie al Mezzogiorno, l’Italia supera il Giappone per quanto riguarda l’esportazione”. Affermando di riferirsi a dati Istat, questi titoli sono per questo falsi: - il tasso del non conseguimento della licenza media a Napoli è il più alto d’Italia: 5,9% rispetto a 2,3% per Roma. Il tasso di abbandono prematuro della scuola a Napoli è anche il più alto. Inoltre il 60% degli alunni ha “molti” problemi con l’italiano secondo l’Istat. - il tasso di disoccupazione è del 14%, ossia due volte più altodella metà europea. Così come il tasso di disoccupazione giovanile di 29,7%. - il livello del Pil pro capite del Mezzogiorno è inferiore di 44,5% rispetto a quello del Centro-Nord. - l’export del Mezzogiorno ripresenta soltanto meno del 11% dell’export totale dell’Italia. Fortunatamente le inchieste rimettono le cose al loro posto. Quella del «Sole 24 ore» sulla qualità di vita pone Napoli al 106esimo posto su 107. Le buche sui marciapiedi e le strade della città, gli edifici pericolanti, una spiaggia pubblica indegna, e dei trasporti inefficienti. E alla fine di tutto questo, la povertà che cresce e lo scarto tra le classi sociali che resta il più alto di tutta la penisola. Ciò nonostante “si migliora”, si difende Manfredi. “Abbiamo dei buoni indici tenuto conto del ritardo storico della città”, dichiara il sindaco della città con l’umiltà che riserva quando parla in pubblico per fare buona impressione. Al contrario di quello che dice, Napoli scivola indietro per quanto le condizioni economiche delle famiglie. La povertà assoluta raggiunge l’orribile livello di 12,8%; il tasso della gente che va all’ospedale in una regione vicina cresce, e il cattivo funzionamento dei trasporti pubblici causa la diminuzione dei chilometri percorsi sulle loro linee. Anche il numero di persone che vivono in abitazioni con problemi strutturali o di insalubrità, un problema ricorrente, cresce del 4,6%. Il rapporto tecnico Asvis asserisce anzi che Napoli è la peggiore città rispetto al criterio del progresso. Si rivela in effetti in grado di centrare solo due degli obbiettivi sui trentadue presenti nell’agenda 2030. Grazie ai suoi argomenti sul ritardo storico, il sindaco è riuscito a convincere un’amica comunista che crede che il fattore decisivo per il progresso sociale sia essere un uomo di sinistra. A Napoli è diverso! Il potere politico, anche quando è di sinistra, non porta miglioramenti alla classe più disagiata, così come dovrebbe essere tra le sue priorità. Qui è l’essere “barone” che rende reazionario qualsiasi accenno di progresso sociale, quale che sia il partito d’appartenenza. E quando dico “barone”, intendo estendere la nozione al di là del titolo nobiliare o ecclesiale. Parlo della gente coinvolta, compresi gli artisti e la piccola borghesia che approfittano del sistema senza preoccuparsi della miseria del popolo. Il “risanamento” fu già deviato dal suo obiettivo finale di aiutare i miserabili a seguito dell’epidemia del 1884 fino a rivelarsi un velo che nascondeva la miseria, secondo la giornalista Matilde Serao. Allo stesso modo, il mondo della cultura, normalmente progressista, espulse la scrittrice Annamaria Ortese, settant’anni più tardi perché aveva osato portare alla luce gli egoismi della classe privilegiata. Attualmente, è evidente che le opere d’arte giganti poste di fronte la sede del Comune non recano sollievo alla classe più povera. Piuttosto che un barone dell’Università che, malgrado i suoi discorsi pieni di compassione, ha fatto aumentare la miseria assoluta al 13%, ci vorrebbe come sindaco un altro Masaniello, eletto dal popolo più profondo … che non impazzisse una volta al contatto con il potere. Altrimenti niente cambierà, così come predetto dall’inchiesta, visto che su 19 sindaci succedutisi dal 1950, 17 erano di sinistra.Fare la rivoluzione per rovesciare il potere non è possibile in una democrazia, anche se corrisponde già alle intenzioni degli elettori. Succede in effetti solo a Napoli che si vota ancora in maggioranza per il movimento antisistema “5 stelle” … perché la gente vuole proprio cambiare il sistema ingiusto dei baroni. Sul piano democratico la soluzione sarebbe quella di proporre un uomo che si metta al servizio dei più poveri e che non venga dal mondo della politica, ma piuttosto ad esempio da una Ong. Un uomo fuori dal sistema…addirittura che venga da fuori. Anche se poco conosciuto potrebbe ugualmente riuscire ad essere eletto!
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