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LA RIFLESSIONE
19 Gennaio 2025 - 11:02
Da tempo, con preoccupante frequenza si moltiplicano nella nostra città gravi casi delinquenziali e malavitosi, non diversamente definibili - che vanno da accoltellamenti, sparatorie, regolamenti di conti tra bande addirittura di minorenni e diciamo pure, alle “adulte”croniche aggressioni dei medici in prima linea, dei “pronto soccorso”- i più impegnati da stressanti turni di lavoro, creando una situazione insostenibile in contesti già molto delicati. Nella settimana, appena trascorsa, è stato inseguito e aggredito in un agguato rocambolesco, nel quartiere, tutt’altro che periferico di Posillipo, il presidente dell’Unione degl’industriali di Napoli Costanzo Jannotti Pecci mentre alla guida della sua auto rientrava a casa. Uno stato di cose, a dir poco allarmante, di degrado e degenerazione sociali non solo come questo appena citato, ma anche di crescente indifferenza verso le oscure destinazioni di uso di palazzi e edifici molto significativi nella storia di Napoli. L’ultima di una lunga serie di amare e sconcertanti sorprese, è stata la chiusura dello storico cinema Metropolitan. Denunciata e stigmatizzata, come meglio non si poteva, dalla bravissima attrice e esemplare cittadina napoletana, Cristina Donadio, in una sua coraggiosa e severa intervista, apparsa sul “Corriere del Mezzogiorno” a firma di Anna Paola Merone. In cui invita tutti a una urgente riflessione sulla visione seria di un futuro, avulso da logori trionfalismi e strumentali enfatizzazioni. “Questa città, che tutti raccontano come al centro di una rinascita, che ci si affretta a raccontare come una capitale che sta affrontando un nuovo inizio - ne riportiamo un passaggio molto importante - perde un altro pezzo della sua storia. Ed è un bene ricordare che una città, senza luoghi di cultura, senza cinema, senza teatri, senza librerie e senza posti dove si fa musica, è una città senz’anima, che non ha alcuna possibilità di rassicurante crescita”. Purtroppo, prima o poi era inevitabile richiamare l’attenzione su dissonanze del genere, non più sopportabili che impongono discorsi di chiarezza e di verità sulla presunta rinascita odierna partendo da lontano. A riguardo c’è subito da ricordare gli ultimi tre decenni di gravi carenze amministrative, certamente da biasimare, ma ancora più biasimevoli perché in una successione trentennale di sindaci - tutti di sinistra, o quasi tutti - si è persa più di un’opportunità per la modernizzazione e il rilancio di una metropoli come Napoli, possibile solo attraverso un impegno di chi dirigeva ed era diretto. Che non solo non c’è stato ma si è segnalato per i limiti oggettivi di gestioni “solitarie”, autoreferenziali quando serviva l’apporto di una collegialità attiva per affrontare e risolvere vecchie e nuove problematiche della città e della sua vasta area metropolitana. Ma c’è di più, nell’arco di trent’anni, in cui si sono avvicendati tre sindaci, ognuno di loro, pur avendo avuto due mandati amministrativi, il tempo giusto, per poter concretizzare una svolta, l’ha mancata. Come è mancata una collaborazione leale, avendo ogni sindaco vissuto la sua esperienza con velleitaria autoreferenzialità. In conclusione si sono persi anni fondamentali e occasìoni uniche condannando Napoli a una conurbazione di molteplici criticità, a un continuum tra centro e periferia, che ha fatto perdere di vista i tradizionali riferimenti cittadini, confusi o cancellati da un disordine urbanistico e impedito, un trainante sviluppo policentrico. Di qui la causa di tante grane di vario segno. Il rettore Manfredi fece bene a pretendere il ripiano di alcuni debiti comunali come condizione per candidarsi a sindaco, ma avrebbe fatto ancora meglio se, nel suo programma, avesse messo in chiaro le inadempienze di ciascuno forza politica a cominciare dagli alleati vecchi e nuovi. Con questo scenario, la rinascita resta ancora un rebus.
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