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Usa, è già rivoluzione. Kennedy: pace coi russi

Da appena un giorno insediatosi, Donald Trump è già intento a predisporre un secondo elenco di “ukase" mentre continua a evadere il primo

Usa, è già rivoluzione. Kennedy: pace coi russi

Robert Kennedy Jr

Da appena un giorno insediatosi alla Casa Bianca, Donald Trump è già intento a predisporre un secondo elenco di ‘ukase’ mentre continua a evadere il primo. La eco di un balbettìo di reazioni si leva tra Davos e Bruxelles. Gli indignati, i plaudenti, i cauti, i ballerini pronti a saltare da uno schieramento all’altro. Si studiano dichiarazioni e mosse. Volodymyr Zelensky appare quello peggio messo.

Dovrà rinunciare a parecchie passerelle sulle quali da tre anni ha sfilato e ri-sfilato in giro per il pianeta, esibendo la propria collezione di magliette militari? Non è detta, tuttavia, l’ultima parola. Neppure si sentono a proprio agio il presidente francese Emmanuel Macron, autoprorogatosi all’Eliseo, e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che tra circa un mese cederà la poltrona di premier presumibilmente al leader dei popolari Cdu-Csu Friedrich Merz, a sua volta malvisto da Elon Musk, il quale gli preferirebbe Alice Elisabeth Weidel, leader dell’Afd (Alternativa della Germania).

Né appare tranquillo il primo ministro britannico, il laburista Keir Starmer, ospite mancante alla cerimonia d’insediamento del presidente dei ‘fratelli separati’ americani, peraltro con mire ostili verso i confinanti ‘parenti stretti’ canadesi. I dazi del 25% sulle importazioni solo un’anteprima, condivisa con il Messico. Starmer è stato pochi giorni fa a Kiev, sulle orme dei suoi predecessori premier conservatori.

E ha promesso il più fermo sostegno, testimoniato subito da ulteriori forniture d’armi. Prestiti, non regali. Spera forse di distogliere l’attenzione dei compatrioti dallo scandalo che sta consumando un consenso in pochi mesi già al lumicino, come la pazienza dei colleghi di partito e di governo. Lo scandalo delle gang di pakistani - immigrati d’ultima e di precedenti immigrazioni - dedite allo stupro di ragazzine, buona parte minorenni: le autorità (laburiste) delle città dove si praticava la violenza chiudevano un occhio, troppo spesso entrambi, per motivi elettorali.

Il colmo è che Starmer sarebbe pure intenzionato a facilitare il voto degli ultimi immigrati dalle ex colonie, alle urne ritenuti fedeli sostenitori dei laburisti. E allora, né Labour e né Tory: l’onnipresente Musktifa Reform-UK di Nigel Farage. In Ucraina il capo di Stato ha appena prolungato il potere assoluto del regime rinviando ancora, con gran discrezione, le consultazioni elettorali che gli promettono nulla di buono.

Il Paese è allo stremo e la guerra è persa. In realtà, lo è dall’inizio. Nei suoi tre anni di presidenza - ‘puntellata’ dai Paesi Nato - ha tacitato l’opposizione col consenso di Washington e di Bruxelles e assicurato al suo Paese diverse centinaia di migliaia di vittime, devastazioni e distruzioni immense; la perdita dei territori storicamente russi che voleva invece conservare. Zelensky ha goduto del supporto dei governi pro-tempore statunitense, britannico e della quasi totalità dell’Ue, accodatisi per riflesso condizionato, calcolo, interesse.

Risultato: dieci milioni gli espatriati, 600mila i richiamati che non rientrano per sfuggire al servizio militare, 200mila i disertori su 1 milione e 300mila arruolati, corruzione alle stelle e commercio d’armi (ricevute) di cui si teme un commercio sotterraneo con la criminalità organizzata e reti terroristiche. Punta adesso, Zelensky, sulle potenziali incomprensioni tra la nuova Washington di Trump e la nuova Mosca. Tre anni di conflitto, sanzioni, sequestri di beni e di 300 miliardi depositati troppo fiduciosamente nelle banche del Vecchio Continente e del Nuovo, hanno spinto la Russia di Putin nella braccia della Cina e dei vecchi alleati dell’Unione Sovietica da cui s’era allontanata.

La nascita e lo sviluppo dei Brics prospetta futuri e diversi equilibri multipolari. Il presidente ucraino adesso mostra meno sicumera, non disdegnerebbe la mediazione della Cina, il cui piano di pace a suo tempo sfogliò sbrigativamente e richiuse. Robert Kennedy, il nuovo segretario della Salute e dei Servizi umani, è raggiante per la decisione del capo della Casa Bianca di abbandonare l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per la gestione filo-cinese della pandemia da Covid. Ma ieri ha preferito tornare a puntare il dito contro Zelensky e il gruppo i potere a Kiev.

“I russi hanno sacrificato molto” per la loro sicurezza – ha affermato il ministro - “basti pensare alla guerra contro Hitler costata la vita a un russo su sette”. Ed ha aggiunto: “Putin ha detto fin dall'inizio di temere che l'Ucraina venga usata per attaccare la Russia. Ora Zelensky ha confermato che la Nato ha pienamente supportato l'attacco a Kursk. Si è quindi rivelato vero ciò che i russi dicevano di temere”.

Recentemente Kennedy è stato ancor più duro nelle accuse a Kiev e, indirettamente, al comportamento dell’Alleanza Atlantica: “Questa è una guerra che non sarebbe mai dovuta accadere. I russi hanno cercato ripetutamente di risolvere (il problema del progressivo avvicinamento della Nato alle loro frontiere) a condizioni che erano molto-molto vantaggiose per l'Ucraina e per noi.Volevano che tenessimo la Nato fuori dall'Ucraina”.

Quasi furioso l’attacco di Kennedy all’’apparato militar-industriale’ e ai Neocon che influenzavano il governo Usa: “I grandi appaltatori militari vogliono aggiungere continuamente nuovi Paesi alla Nato, perché poi ogni Paese deve conformare i suoi acquisti militari alle specifiche delle armi dell’Alleanza, il che significa che alcune aziende - NorthropGrumman, Raytheon, General Dynamics, Boeing e Lockheed - ottengono un mercato trappola.

Nel marzo del 2022 abbiamo impegnato 113 miliardi di dollari. Solo per farvi un esempio, avremmo potuto costruire una casa per quasi tutti i senzatetto”. E da allora una pioggia di altri miliardi. “Ma le grandi-grandi spese arriveranno dopo la guerra, quando dovremo ricostruire tutte le cose che abbiamo distrutto”.

E che cosa rispondono i dirigenti dell’‘apparato militar-industriale’? “Non preoccupatevi, il denaro non va in Ucraina, bensì ai produttori di difesa americani. Quindi uno schema di riciclaggio di denaro…. Il prestito non potrà mai essere rimborsato… e l’Ucraina dovrà mettere in vendita tutti i suoi beni di proprietà del governo alle multinazionali, compresi tutti i suoi terreni agricoli, il più grande patrimonio singolo in Europa e in Ucraina. È il granaio d'Europa. Ne hanno già venduto il 30%. Gli acquirenti erano DuPont, Cargill e Monsanto. Chi pensi che possieda tutte queste società? La BlackRock. È la loro strategia, tenerci l'uno contro l'altro per continuare le guerre”.

Di là dal giudizio sulle parole di Kennedy, vale la pena sottolineare che non eravamo più abituati a tale schiettezza. 

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