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La riflessione
23 Gennaio 2025 - 11:44
Non ci sono né differenze né identità senza una frontiera fisica o spirituale che permetta di fare la distinzione. La frontiera è un limite necessario, giusto. Il problema è che si assiste, oramai, a un’offensiva senza precedenti per far scomparire le frontiere, sia che si tratti delle frontiere tra popoli e culture diverse o delle frontiere tra i sessi o della frontiera tra valori forti e relativismo valoriale. I “mondialisti” e i “progressisti“, nelle loro molteplici sfumature, si sentono cittadini del mondo senza neppure rendersi conto che si può essere cittadini solo di un’entità politica e che il mondo non lo è: vorrebbero essere di ogni luogo e di nessuna parte, mentre sono necessariamente di qualche parte. Gli adepti della pura logica del mercato sognano un pianeta in cui niente potrebbe più ostacolare gli scambi e la libera circolazione degli uomini, dei capitali e delle merci e per loro, in ogni caso, si tratta di farla finita, una volta per tutte, con un mondo eterogeneo di paesi omogenei, per sostituirlo con un mondo omogeneo di paesi eterogenei. E il metodo impiegato è sempre lo stesso: tentare di sradicare le singolarità collettive a profitto di un “modello” universale che si rivela ogni giorno più impoverente. Ma non sono i soli. Il “no alle frontiere” è, infatti, l’ideologia comune alla speculazione finanziaria, ai trafficanti di esseri umani e alle mafie. Un’umanità senza frontiere e senza documenti -vale a dire senza appartenenza né identità - è per tutti costoro il migliore dei mondi possibili.Eppure, le frontiere non sono barriere, ma passaggi a livello fisici e metaforici che aiutano a regolare, a filtrare, a scegliere.Tuttavia, l’indistinzione diventa la caratteristica dominante di quest’epoca post-moderna in cui l’individualismo narcisistico e la metafisica della soggettività sono i connotati maggiori dell’ideologia dominante. Tutto diviene fluttuante, effimero, transitorio e liquido. La perdita dei punti di riferimento genera l’anomia sociale, un’indeterminatezza generale dei concetti, la volontà di erigere qualsiasi desiderio di un singolo a legge generale da ossequiare acriticamente. Fatta di individui fondamentalmente non situati, di atomi individuali che reclamano, in nome dei loro “diritti”, l’istituzionalizzazione dei loro desideri, la società diventa, così, una struttura sub caotica, un caravanserraglio che ha perso ogni senso comune. E più gli uomini si separano più si diffonde il conformismo di massa e gli individui diventano schiavi sradicati e deculturati, intercambiabili, vulnerabili, prede designate della duplice presa dello Stato e del mercato, in una società tanto più tollerante in generale quanto più è intollerante in particolare. Apologia del nomadismo a trecentosessanta gradi, della deterritorializzazione delle problematiche, sogno di una “governance mondiale”, di una soppressione sistematica delle radici, incoraggiamento di tutte le ibridazioni, questa ossessione dell’individualismo assoluto esenza differenze sfocia alla fine in un’ideologia della mescolanza obbligatoria e generalizzata. Si va disegnando, così, un nuovo modello di totalitarismo: un mondo in cui gli uomini diventano individualità indifferenziate e intercambiabili, il mondo dell’illimitato e dell’indistinzione. Un inferno in terra, insomma, in cui i manovratori palesi e occulti di ogni forma di potere, politico, economico o criminale che sia, possono agire indisturbati. È un mondo distopico, privo di valori, di ancoraggi e di riferimenti etici ed esistenziali, che cerca di avanzare inesorabilmente e al quale abbiamo il dovere di opporci, spendendoci a tutto tondo in difesa di quel “limes”, di quel confine valoriale invalicabile che passa, innanzi tutto, all’interno delle nostre coscienze ed è presupposto di ogni necessario risveglio identitario. È un cammino lunghissimo, ma la strada è tracciata. Occorre percorrerla con dignità, con coraggio anche, ma soprattutto senza esitazioni.
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