Tutte le novità
il punto
25 Gennaio 2025 - 08:39
Vladimir Putin mette le carte in tavola: ribadisce che non vuole l’Ucraina nella Nato ma desidera la pace in Ucraina tanto quanto Donald Trump e si dice “pronto ad incontrare il presidente degli Stati Uniti” per negoziarla. Non solo: tiene a sottolineare che di Trump apprezza l’ “intelligenza” politica, sottolinea che le relazioni tra i due sono sempre state basate su pragmatismo e reciproco rispetto, condivide sia il giudizio negativo sul conflitto (che il capo della Casa Bianca ha sempre giudicato “assurdo” e tragico per i costi umani, economici e ambientali) , sia lo sforzo per porvi fine attraverso un giusto compromesso. E – sopresa! – condivide anche la convinzione sulla “vittoria elettorale rubata” nelle presidenziali del 2020: se non gli avessero “rubato le elezioni non ci sarebbe stata guerra”. Ma il Cremlino mette un paletto, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri Dmitry Peskov, a Roma: è esclusa una partecipazione italiana al negoziato dopo l’azione e il protagonismo di Giorgia Meloni a favore del regime di Volodymyr Zelensky, “le relazioni tra Italia e Russia al livello più basso dalla seconda guerra mondiale”.
Le parole del capo del Cremlino hanno rasserenato l’atmosfera tra Washington e Mosca dopo una giornata di cieli tornati nuvolosi e le temperature gelide. Il nervosismo non aveva colpito solo il Cremlino ma contagiato l’intera Russia, dove le corde patriottiche e nazionaliste avevano ripreso a vibrare dopo gli avvertimenti del capo della Casa Bianca circa future reazioni durissime se la Russia, nelle prossime trattative per la fine del conflitto in Ucraina, ponesse condizioni ‘inaccettabili’. Ma l’indomani, nell’intervento da remoto al consulto di Davos , Trump ha attenuato toni e parole. Quasi a far capire che nella fase pre-negoziale è d’uso innalzare il livello delle rispettive richieste. In realtà, non vede l’ora che si scriva la parola ‘fine’ a un conflitto che ha sempre giudicato assurdo, sanguinoso e distruttivo. Se Joe Biden verrà ricordato per il ritiro ignominioso dall’Afghanistan, l’invasione di una decina di milioni d’immigrati clandestini dal Messico e l’incoraggiamento a Kiev perché respingesse i compromessi raggiunti o proposti, lui, Trump, un presidente Usa che non ha scatenato guerre, vuole passare alla storia come uomo di pace: dagli Accordi di Abramo, che segnarono sul piano internazionale il suo primo mandato, alla fine dello scontro armato in Ucraina (se non la pace, presumibilmente una tregua modello Coree), ad accordi sul modus (con)vivendi con la Russia e possibilmente con la stessa Cina, invitata a far opera di mediazione nello stesso negoziato tra Kiev e Mosca.
Donald Trump ha fretta. Per rilanciare gli Stati Uniti e assicurare un equilibrio internazionale più rassicurante ha lo spazio di due anni, fino alle elezioni di mid-term, cioè a metà mandato presidenziale. Una consultazione che potrebbe assicurargli un altro biennio di potere forte, oppure trasformarlo in un’”anatra (più o meno) zoppa” se perdesse la maggioranza alla Camera o-e al Senato. Per l’Ucraina la fretta è addirittura maggiore. Ha da mantenere una promessa che ha sbandierato come una profezia: pace subito. Comprende bene, Trump, che tre anni nei quali la Nato ha spinto la Russia nelle braccia cinesi hanno reso ardua la ricomposizione tra Occidente Euro-atlantico ed Occidente euro-asiatico. Ma qual è l’alternativa? L’opinione pubblica è vieppiù stanca di questa guerra tanto devastante quanto stupida. Dalla fine della seconda guerra mondiale è la seconda volta, dopo l’ex Jugoslavia, che l’Europa scalfisce il vetro di una pace comune forse mai così lunga nella sua storia. Eppure, incredibilmente, pare quasi che l’interesse di potenti correnti all’interno della Nato, dei vertici dell’Ue e di molte capitali europee sia quello di far proseguire lo scontro in Ucraina e, addirittura, di “prepararsi alla guerra” che Mosca potrebbe scatenare contro altri Paesi del Vecchio Continente. Tre anni che non riesce con armi convenzionali a completare la riconquista dei suoi territori storici, e aggredirebbe un Paese Nato? Potrebbe farlo, certo, ma solo ricorrendo ad armi nucleari. Obiettivo… olocausto. E allora? Ci rintaniamo tutti sotto terra, nei bunker da costruire per mezzo miliardo di persone?
Ma tant’è. Ursula von der Leyen promette aiuto sempiterno a Kiev, tace sui rinvii delle elezioni da parte del regime ucraino e sulle ‘intromissioni’ di Bruxelles nelle consultazioni in Georgia, Romania, Moldavia. E – udite, udite! – ripete che il gasdotto Nord Stream Mosca se l’è… auto-bombardato. Da parte sua, Kaja Kallas, Alta rappresentante per gli Affari esteri e la Sicurezza dell'Ue, sollecita apertamente ai governi europei tagli all’assistenza sanitaria, alla scuola, al welfare e allo sviluppo per destinare al riarmo il 5-6% del Pil (“Gli ucraini – assicura - possono ancora vincere e noi tutti dobbiamo spendere di più per prepararci alla guerra”). E sottolinea come i Paesi Ue spendano l’1,9% per la Difesa a fronte del 9% della Russia (ma tace sul Pil della Russia, imparagonabile a quello complessivo dei Paesi Ue). La Kallas, che ebbe parenti imprigionati nei lager sovietici, probabilmente ha dimenticato che l’Urss s’è dissolta nel 1991, ma era bambina allora. E che dire del segretario dela Nato, Mark Rutte, il qule non ha risposto alle critiche del generale Roberto Vannacci alla richiesta di nuovi stanziamenti per la Difesa parlando di percentuali di bilancio e non paragonando le somme reali, cioè quanto spendono la Federazione russa e quanto complessivamente i Paesi europei.
Vedremo che cosa partorirà il Consiglio Ue che il 3 febbraio si riunirà in Belgio al Castello di Limont. E quali conseguenze avranno – se le avranno - le elezioni parlamentari, dieci giorni dopo, in Germania. I sondaggi prevedono la sconfitta dei socialdemocratici SpD, l’avanzata della destra AfD e la vittoria dei popolari Cdu-Csu il cui leader, Friedrich Merz, promette di chiudere le frontiere che Angela Merkel spalancò e Olaf Scholz ha tenuto aperte agli immigrati ma che finora è restato, come l’attuale cancelliere, a fianco di Zelensky.
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo