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L'analisi

Dalla wall-of-fame alla wall-of-infame

Perché se il muro della gloria resta inefficace, non ci resta che sperare in un muro dell'infamia, per rendere omaggio a chi preferisce confondersi e nascondersi nell'impunità, nella massa e nella irresponsabilità

Dalla wall-of-fame alla wall-of-infame

Walk of fame a Hollywood

Una delle migliori idee per stimolare il progresso fu quella di "premiare" l'eccellenza. In epoca classica agli atleti vincitori venivano erette statue. In epoca moderna esistono premi prestigiosi, stelle sui marciapiedi, classifiche mondiali o locali. Tutto per mettere in evidenza l'eccellenza, creare modelli (e spesso miti) cui ispirarsi per far bene e dare dare di più.

Senza entrare nel merito delle derive patologiche di questo sistema (classifiche taroccate o comprate, accordi di cartello, lobbying e imitazione patologica di modelli stereotipati etc) "il sistema" del mettere in luce l'eccellenza pare abbia funzionato, tutto sommato.

Vi è però un vulnus: non tutti ambiscono all'eccellenza. Specie nel settore pubblico. E quando si è legato il "premio economico" alla performance il sistema immaginato per premiare è stato ribaltato dalla massificazione tipica della pubblica amministrazione: invece di premiare l'eccellenza, basta semplicemente che tutti siano eccellenti così tutti hanno il premio. Basta vedere le vere performance in termini di servizi ai cittadini per capire come il sistema in sé sia taroccato. A fine anno si assiste a valutazioni che, in media, arrivano al 98% dei dipendenti pubblici che ottengono il 100% del punteggio (e ottengono all'incirca due mensilità di premio).

È evidente la differenza: una gara di corsa è pubblica, il tempo di arrivo è scientificamente determinato al millesimo, e salvo rarissime eccezioni da guinness dei primati le medaglie d'oro, d'argento e di bronzo sono solo tre. Quando le valutazioni sono interne, autoreferenziali, non discutibili, in cui il giudice è anche il giudicato e stabilisce da sé il criterio senza contraddittorio, il tutto nel chiuso delle proprie stanze, il gioco è fatto, o meglio ontologicamente falsato.

E allora è probabile che, dal momento che non tutti ambiscono alle luci della ribalta delle prime posizioni e della virtuosa distinzione, preferendo "nascondersi della massa" delle performance omogenee, sia necessario inventare un nuovo sistema premiale "al contrario". La mia è una provocazione, ma concreta: se facessimo una "wall of infame"?

Intendo una classifica dei peggiori, di coloro che nel proprio ruolo si sono distinti per inefficienza, danni, cause, problemi, ritardi, inefficienze? Quando queste classifiche esistono (ad esempio quella sulla qualità della vita nelle città, il tasso di inquinamento, l'indice di felicità e di vivibilità) gli amministratori "primi in classifica" evidenziano cosa hanno fatto per stare in quelle posizioni, e sistematicamente gli ultimi si lamentano per i criteri della classifica che secondo loro li avrebbe penalizzati, delle scarse risorse, dell'eredità del passato... ma tutti indistintamente si gloriano quando "scalano" queste classifiche anche di poche posizioni.

Il sistema della "wall-of-infame" pare in questi casi funzionare. Io propongo – provocatoriamente – qualcosa di più, di più profondo e "personale". Le pubbliche amministrazioni non sono soggetti eterei e monolitici: agiscono per mezzo di persone che compiono azioni (o non le compiono).

Non sono soggetti "che stanno altrove": ciascuno di noi incontra le pubbliche amministrazioni ogni giorno: il vigile urbano, l'impiegato comunale, il funzionario della regione che fa una determina, l'assessore che fa una delibera, il medico in ospedale... Loro si valutano da soli. Ma ciascun cittadino è capace di valutare il servizio ricevuto. Sappiamo da Booking a TripAdvisor a Google quanto le "recensioni degli utenti" siano preziose e rilevanti nelle scelte. Sappiamo che innescano meccanismi complessivamente migliorativi.

Certo, sappiamo anche che molte volte alcuni giudizi sono "fake", ma sappiamo che sui grandi numeri e con larga partecipazione il fenomeno si diluisce. Sappiamo già che esistono le "recensioni interessate" (anche quelle negative) e conosciamo bene vari sistemi ormai collaudati per "limitare il problema". Tecnicamente si potrebbe fare. In un buon mix in cui mettere assieme le recensioni delle "cose buone" fatte da questo o quel dipendente pubblico e quelle negative (ritardi, danni, ricorsi, cause, soccombenze della PA etc).

Si griderà alla privacy, alla gogna mediatica, al linciaggio. Se queste accuse vengono da chi ha richiesto l'abolizione del reato di abuso d'ufficio la cosa non stupisce. Sono gli stessi che – prima – non avevano alcuna responsabilità, e che quando è stata stabilità la responsabilità civile hanno ottenuto nel contratto di lavoro che vi fosse una polizza, a carico del datore di lavoro (la pubblica amministrazione, ovvero sempre a carico nostro, laddove i professionisti privati, la polizza, se la pagano loro!).

Quindi, anche in questo caso, non si comprende lo status per cui privacy, gogna mediatica e linciaggio riguarderebbero solo loro, mentre le recensioni e valutazioni per qualsiasi professionista privato, vanno bene e sono un utile strumento di scelta e valutazione. La mia è una provocazione, certo, ma una provocazione molto seria.

Perché se la wall-of-fame, il muro della gloria, viene snobbato, falsificato, bypassato, e resta inefficace, non ci resta che sperare in una wall-of-infame, il muro dell'infamia, per rendere gloria e omaggio a chi preferisce confondersi e nascondersi nell'impunità, nella massa, e nella irresponsabilità.

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