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La riflessione
28 Gennaio 2025 - 09:05
La protesta dei magistrati a Milano
La clamorosa protesta dei magistrati in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario è un evento senza precedenti, che impone un’accurata riflessione. I magistrati hanno protestato violando il fair play istituzionale, uscendo dall’aula al momento dell’intervento del ministro della Giustizia.
In sé, il gesto sarebbe di rottura totale già se fosse indirizzato verso il potere esecutivo, stante l’esigenza di salvaguardare l’autonomia dei poteri l’uno dall’altro. Il principio della separazione dei poteri non può e non deve funzionare a senso unico, è giusto proteggere l’azione giudiziaria dalle interferenze del potere esecutivo, ma è altrettanto fondamentale proteggere il potere esecutivo dalle “invasioni” della magistratura nel merito dell’azione amministrativa, spettando ai giudizi solo un controllo di legittimità “esterna” degli atti di governo, con esclusione degli “atti politici”, che restano sottratti al controllo dei giudizi (lo ha affermato chiaramente la Corte Costituzionale n. 52 del 2016).
Un sistema costituzionale equilibrato non può non fondarsi anche sul sostanziale equilibrio tra i poteri, disciplinando in quali casi e con quali effetti il potere giudiziario può interferire con l’azione ammnistrativa, essendo inconcepibile una “mano libera” dei magistrati nei confronti degli altri poteri dello Stato. Sarebbe un inveramento del 1984 Orwelliano, con una sorta di “cupola giudiziaria” nei panni del Grande Fratello.
Ma la protesta dei magistrati non era rivolta contro atti amministrativi: i rappresentanti del governo erano bersaglio della protesta quali proponenti di una legge approvata da un ramo del Parlamento. E ciò rende la protesta addirittura eversiva. I magistrati hanno protestato sventolando la Costituzione italiana. Sarebbe meglio un ripasso delle norme fondamentali.
Articolo 1, secondo comma: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Articolo 56, primo comma: «La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.» Articolo 57: «Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.» Articolo 70 «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.» Articolo 101 «La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.». Articolo 134: «La Corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge ».
Ricapitolando: 1) la sovranità appartiene al popolo e non all'Anm; 2) il popolo esercita la sua sovranità eleggendo le due Camere (non è previsto un "gradimento" dell'Anm); 3) la funzione legislativa non è demandata all'Anm, ma alle Camere, quale espressione della sovranità popolare; 4) alla Corte Costituzionale (e non all'Anm) è demandato il controllo sulla legittimità costituzionale degli atti aventi forza di legge.
Di conseguenza, la protesta è una vera e propria "ribellione" della magistratura organizzata all'esercizio della sovranità popolare, in violazione del primo articolo della Costituzione. I magistrati, secondo il dettato costituzionale sono soggetti alla legge, proprio perché la legge è espressione della volontà popolare attraverso gli organi elettivi. Ed un eventuale contrasto della legge con le norme costituzionali dev’essere valutato da una Corte la cui composizione, non a caso, è prevista dalla Costituzione nel rispetto dell’equilibrio assoluto tra i poteri.
Per fortuna, come notava Belpietro su “La Verità” del 27 gennaio, a protestare è stata una “minoranza rumorosa”, espressione delle correnti e non della maggioranza dei magistrati che, a dispetto dell’Anm, continua a fare il proprio dovere nel rispetto della Costituzione e della separazione dei poteri.
*Avvocato cassazionista
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