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Giustizia e politica: troppe coincidenze per non dubitare

La coincidenza temporale con la clamorosa protesta dei magistrati per il progetto di riforma della giustizia balza subito in evidenza

Giustizia e politica: troppe coincidenze per non dubitare

Il generale Almasri

Con la solita puntualità della ben conosciuta “giustizia ad orologeria”, è giunta notizia che il Presidente del Consiglio ed altri membri del governo (Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano), in seguito ad un esposto di un “privato cittadino”, sono iscritti nel registro degli indagati per i reati di favoreggiamento e peculato a margine del “caso Almasri”, il generale libico arrestato per un mandato di arresto della Cpi e scarcerato dalla Corte d’Appello di Roma per un vizio di forma nella emissione del mandato. La coincidenza temporale con la clamorosa protesta dei magistrati per il progetto di riforma della giustizia (esaminata su queste colonne il 28 gennaio scorso) balza subito in evidenza.

Contrariamente a quanto in un primo momento dichiarato dalla Giunta esecutiva dell’Anm, che ha parlato di “atto dovuto”, infatti, l’iscrizione nel registro degli indagati non consegue automaticamente alla ricezione di un esposto di un “privato cittadino” (tecnicamente viene chiamata “notitia criminis non qualificata”, cioè notizia di reato non proveniente da organi di polizia giudiziaria), ma presuppone un vaglio preliminare di non manifesta infondatezza, stante quanto dispone l’art. 335 del codice di procedura penale, che secondo la costante interpretazione dei giudici è applicabile anche al caso dei reati ministeriali. Si spera che sia di immediata percezione la assurdità della tesi dell’”atto dovuto”.

Secondo la prima dichiarazione dell’Anm, qualunque psicopatico potrebbe “togliersi lo sfizio” di far iscrivere un ministro nel registro degli indagati semplicemente inviando un esposto alla Procura della Repubblica! D’altronde, nei giorni successivi, sia l’Anm, sia lo stesso procuratore che ha proceduto all’iscrizione nel registro degli indagati, hanno dovuto fare marcia indietro (il “contrordine, compagni!” funziona anche per i magistrati…).

L’Anm ha spiegato che l’obbligo sussiste quando la denunzia “non è fantasiosa”, il dottor Lo Voi ha detto che secondo lui i ritagli di giornali allegati alla denunzia dal “privato cittadino” rendevano la denuncia meritevole di approfondimento. Nessun “atto dovuto”, dunque, ma una precisa valutazione che il procuratore ha effettuato sulla – almeno astratta – configurabilità dei reati denunciati. In realtà, si ricorda, la liberazione di Almasri è stata disposta dalla Corte d’Appello.

Al governo cosa si rimprovera? Il “privato cittadino” si limita ad elencare i reati secondo lui ipotizzabili, senza specificare quali siano le “condotte” attribuite ai singoli componenti del governo per ritenere che abbiano commesso questi reati. Caso a mio avviso tipico di esclusione dell’iscrizione nel registro degli indagati a norma dell’art. 335 del codice di procedura penale, secondo cui “Il pubblico ministero provvede all'iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all'iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi a suo carico”.

Se dall’esposto del “privato cittadino” non erano neanche specificati i “fatti” attribuiti ai membri del governo integranti ipotesi di reato, quali “indizi” ci sarebbero, tali da imporre l’iscrizione? Ma la domanda nasce spontanea. Secondo quanto dichiarato dal dottor Lo Voi al Corriere della Sera, il “privato cittadino” quali “indizi” della commissione dei reati, ha allegato alla denunzia dei ritagli di giornali. Possibile che li avesse letti solo lui? Polizia, Carabinieri, Finanza, procuratori della Repubblica non sanno leggere?

Guarda caso, il “privato cittadino” già si era proposto quale difensore dei familiari delle vittime del naufragio di Steccato di Cutro al fine di denunciare presunte responsabilità del governo. Secondo Poirot, “una coincidenza è una coincidenza, due un indizio, tre una prova”. E qui le coincidenze sono troppe per non considerare questo “atto dovuto” come utilizzo della funzione giudiziaria per colpire un governo responsabile di iniziative legislative sgradite all’Anm.

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