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L'intervento

La Napoli che non ama Napoli e divide anche i suoi abitanti

C'è chi sogna una Napoli più simile a Milano, più razionale, meno istintiva, meno caotica

La Napoli che non ama Napoli e divide anche i suoi abitanti

Una veduta di Napoli dalle Rampe di Sant'Antonio

Ci sono aree della città e della provincia in cui si respira un certo distacco da Napoli, talvolta espresso con fastidio, altre con rassegnazione. Quartieri residenziali benestanti, come il Vomero o Posillipo, ma anche comuni dell’hinterland come Casoria, Giugliano o Nola, dove alcune persone cercano di prendere le distanze dall’identità napoletana più verace, vedendola come sinonimo di arretratezza, confusione e disordine.

In questi contesti, spesso si nota una certa insofferenza verso il folklore e le tradizioni, quasi come se fossero ostacoli a una presunta modernità. La lingua napoletana viene sempre meno parlata, i simboli culturali vengono ridimensionati o addirittura respinti, e si guarda con ammirazione a modelli più “settentrionali” di città. C'è chi sogna una Napoli più simile a Milano, più razionale, meno istintiva, meno caotica.

Ma non è solo una questione di estetica o di atteggiamenti: il distacco è anche sociale ed economico. Alcune fasce della popolazione, soprattutto quelle più benestanti, tendono a isolarsi dal resto della città, vivendo in una sorta di bolla. Le scuole private, le aree residenziali recintate, i club esclusivi sono tutti strumenti con cui una parte di Napoli cerca di separarsi da se stessa. Dall'altra parte, c'è una Napoli che lotta per rimanere se stessa, nonostante tutto.

È la Napoli dei vicoli, dei mercati, delle botteghe artigiane che resistono all’avanzata delle grandi catene commerciali. È la Napoli delle associazioni culturali e dei comitati di quartiere, che si impegnano a riqualificare le zone più degradate e a preservare la memoria storica della città. Questa parte della città non si arrende alla globalizzazione spersonalizzante, ma cerca di valorizzare la propria identità, sapendo che la sua unicità è la sua vera forza.

I progetti di recupero del Rione Sanità, la difesa della lingua napoletana, il recupero degli antichi mestieri artigiani sono solo alcuni degli esempi di come Napoli cerchi di rimanere fedele a se stessa. Anche nella provincia c’è chi si batte per mantenere viva Napoli: piccoli comuni come San Giorgio a Cremano, che celebra il suo legame con Troisi, o Somma Vesuviana, dove si proteggono le tradizioni culinarie locali.

Persone che, pur vivendo lontano dal centro storico, continuano a sentire Napoli come parte di sé. Napoli è una città che divide, persino tra i suoi stessi abitanti. C’è chi la ama visceralmente, accettandone i difetti e combattendo per migliorarla, e chi la rifiuta, cercando di sottrarsi alla sua influenza. Questa tensione è parte integrante della sua essenza, un equilibrio precario tra progresso e tradizione, tra ordine e caos, tra appartenenza e fuga.

Forse, la vera sfida per Napoli è trovare una sintesi tra questi due mondi: mantenere viva la sua anima senza rimanere prigioniera di sé stessa, crescere senza rinnegare la propria identità. Solo allora potrà davvero essere amata da tutti i suoi figli.

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