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La via del Diritto per “recidere” le radici della mala organizzata

Non si dovrebbe mai smettere di riflettere sulla particolarità dell’anno giudiziario come si è svolto a Napoli

La via del Diritto per “recidere” le radici della mala organizzata

Castel Capuano

Non si dovrebbe mai smettere di riflettere sulla particolarità dell’anno giudiziario come si è svolto a Napoli e non per il cerimoniale che l’ha caratterizzato, comune del resto a tutte le edizioni precedenti, quanto per il forte richiamo alla responsabilità rivolto a quanti svolgono ruoli e funzioni di Governo: richiamo fondamentale per vita e sviluppo democratico della società e in difesa, senza se e senza ma, delle sue istituzioni. Significativo, e di grande valore storico-programmatico, il richiamo - esposto all’ingresso del normanno Castel Capuano - di un pensiero di Piero Calamandrei: “Se volete andare in pellegrinaggio dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne, nelle carceri, nei campi, dovunque è morto un italiano per riscattare la nostra libertà, perché è lì che è nata questa nostra Costituzione”. Unanime consenso per questo imprescindibile pensiero.

* UNA TENSIONE FRAGOROSA. L’accordo che si registra all’ingresso dell’antico Castello, diventa disaccordo pieno e frontale appena si attraversa il cortile e si entra nel rettangolare Salone dei Busti (dove sono allineati, sui due lati che si fronteggiano, i volti dei più famosi avvocati e cultori del Diritto). Da una parte, nelle tribune, gli avvocati, dall’altra i magistrati. Rilevante la presenza delle donne. I sì e i no, con silenzi compressi o applausi da prima teatrale, secondo le voci che si alternano al microfono. Così le presenze: file di sedie strapiene o desolatamente vuote, a seconda di come si alternano le valutazionisulle carriere dei magistrati fra inquirenti o giudicanti. Comportamenti distinti anche tra alcuni vertici della Giustizia. Il procuratore capo Nicola Gratteri non è (polemicamente) presente “perché ho preferito rimanere in ufficio al mio tavolo di lavoro”. Seduta invece al suo posto, per tutto il tempo, Elisabetta Garzo prima donna che presiede a Napoli il Tribunale: “Esprimere il dissenso è prerogativa legittima. Ma la decisione di contestare il ministro della Giustizia Nordio, voltandogli le spalle e andandosene, non si può condividere. Faccio mio il pensiero di chi si preoccupa dell’ assoggettamento del potere giudiziario a quello del Governo o dei partiti”.

* ORIGINE E SVILUPPO DELL’ILLEGALITÀ. La separazione delle carriere è punto centrale del confronto. Gli avvocati attaccano la prospettata riforma, il ministro della Giustizia Nordio la difende e si difende: ”Non sono venuto qui a umiliare i pubblici ministeri. Per quarant’anni ho indossato la toga, nutro rispetto per il dissenso”. Argomento non marginale il funzionamento degli uffici. Si prende atto che, quanto al Pnrr, sono stati spesi tutti i fondi previsti e che “nel distretto partenopeo è stata abbattuta al 95 per cento la massa degli arretrati”. Punto dolente restano, tuttavia, la irragionevole durata dei processi e gli indennizzi che se ne pagano. La presidente della Corte d’Appello Maria Rosaria Covelli ricorda Cesare Beccaria quando affermava che “i tempi lunghi sono di per sé una condanna”. Altro tema sollevato, di rilevante portata, è quello della profondità raggiunta, a Napoli e nel Sud, dal “potere malavitoso”.

* L’ALLARME DELLA COVELLI. La prima donna che presiede la Corte d’Appello, parla con viva preoccupazione di come si formano le nuove generazioni, a cominciare dai minori. Qui i reati si raddoppiano. In tanti escono di casa armati di pistole e coltelli, predisposti a scontri e risse: si uccide per futili motivi mentre siincrementa paurosamente il traffico delle droghe; azzerato il valore della vita. Gran parte della società è colpevolmente inquinata. “Le condotte aggressive dei minori -afferma la Presidente- non sono più limitate alle zone disagiate del territorio metropolitano, ma coinvolgono anche le classi sociali più abbienti”. Vuol significare che “il contesto sociale in cui esplode la violenza di soggetti poco più che bambini o adolescenti, non è solo quello del degrado e della povertà, ma diviene un modo per acquisire visibilità e affermazione sociale” (ascoltato l’intervento, chi scrive queste note va col pensiero ad Alfredo Covelli, padre della Presidente Maria Rosaria, un protagonista della vita politica italiana ed europea per diversi decenni, dopo la seconda guerra; a Napoli era il contraltare di Achille Lauro, sindaco per diversi anni della città; notevole la differenza fra i due pur convivendo nello stesso schieramento monarchico: il Comandante interessato solo ai compromessi anche più discutibili nell’interesse esclusivo della sua Flotta, Covelli sostenitore invece di un’azione governativa italiana ed europea capace di accorciare significativamente il divario tra il nord e il sud del nostro Paese. Un’intelligenza attiva che cercava di dare corpo ai fermenti dei tempi nuovi).

* IN CAMPO SALVINI E MORENO. Da loro proposte distinte, ma comune l’obiettivo di dare uno sbocco alla drammatica condizione in cui si trovano i giovani, cominciando dai minori. Il primo è ministro e vicepremier, il secondo maestro di strada. Salvini propone una leva di 6 mesi obbligatoria per ragazzi e ragazze, dedicata a salvataggio, protezione civile, pronto soccorso, tutela dei boschi. Tutto nella regione di ciascun “arruolato”. La seconda proposta è di Cesare Moreno (presiede l’associazione dei Maestri di Strada). Troppa la violenza praticata e vista (soprattutto in tv). Scuola e famiglie debbono, per questo, essere responsabilizzate molto di più. Servono i Maestri di Strada che sanno percorrere i quartieri e intrecciare costruttivi rapporti con genitori e scuole. 

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