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CARTE DA VIAGGIO
04 Febbraio 2025 - 09:32
Riccardo Muti
Napoli ha sempre cercato le sue verità nei simboli e nei miti. Facendo affiorare costantemente partiture remote. Il suo rapporto con la musica è magico e antico. Alla fine del ‘700 la città viveva di fremiti scomposti. La richiesta di musicisti era costante. L’Opera Buffa iniziava ad affermarsi nei primi teatri pubblici.
Fiorivano i Conservatori che, a fine secolo, per volere di Re Giuseppe Napoleone, finirono poi per fondersi nella Pietà dei Turchini, trasformatasi in “Real Collegio di Musica“. Lentamente i pianoforti andavano sostituendosi ai cembali ma tutto proveniva dall’estero. Soprattutto dalla Germania. Fu allora, nel 1790, che un tedesco trasferitosi a Napoli, Errico Gustard ebbe l’ idea di inaugurare la prima fabbrica di pianoforti.
Un’innovazione profonda. Prese rapidi contatti con i produttori di materie prime che rifornivano le aziende di Francoforte ed Augusta e fece arrivare direttamente dalla Germania tutto il legname necessario alla costruzione dei nuovi Piano - forti. Gustard abitava sopra il Ponte di Chiaja, accanto all’ appartamento di S.E. Il Duca della Salandra, figura notissima all’epoca. Nacque coì il primo pianoforte partenopeo.
Il prezzo proposto fu competitivo, 170 ducati di moneta napoletana. L’ importazione dalla Germania comportava, infatti, un costo di 240 ducati della stessa moneta. Lo riporta, in maniera puntuale, il foglio “Notizie dal Mondo“, nel suo numero dell’11 giugno 1790. Napoli, così riaffermò il suo ruolo di capitale culturale ma, soprattutto, di capitale della musica mondiale.
I talenti fioriti nei nostri Conservatori erano, ormai, numerosissimi. Cimarosa, Paisiello, Piccini, Jommelli, Saverio Mercadante, Leonardo Leo, Vincenzo Bellini. Un elenco infinito di straordinario valore. Una tradizione che continua ancor oggi, dopo secoli, attraverso il magistero del grande Riccardo Muti.
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