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L'analisi
09 Febbraio 2025 - 10:08
Giorgia Meloni ed Elly Schlein
«La Meloni? Ha saputo interpretare il sentimento del Paese, tenendo i piedi per terra su l’asse atlantico Ucraina, Europa e patto di stabilità. Sulle politiche di sviluppo ha dimostrato di saper ascoltare, come confermano molti provvedimenti delle ultime manovre ma ora serve più dialogo, un contratto sociale tra governo, sindacato, sistema imprese sulle riforma da fare insieme, un grande patto sociale da negoziare con chi ci sta".
Questa non è una esternazione di Giovanni Donzelli, il vivace responsabile nazionale di Fratelli d’Italia, sospettabile di troppa accondiscendenza solo per il ruolo che ha. È tutt’altra storia, è un breve, ma molto significativo passaggio di una intervista, apparsa sul Corriere della Sera, il 3 febbraio scorso, a Luigi Sbarra, il segretario Nazionale della Cisl - 172 mila iscritti negli ultimi 4 anni, tutti sotto i 35 anni - di un sindacato, che si definisce e ha dimostrato d’esserlo “non dipendente da alcun potere politico, istituzionale, economico e ideologico e che tale intende rimanere confindando sulle proprie risorse”.
Poiché da tempo la Schlein sostiene, contro ogni evidenza, l’opposto di quanto di positivo e di lusinghiero si dice della premier, a questo punto è giusto chiedersi: vale di più la parola di un sindacalista, che non ha mai piegato la schiena o il cronico “mal di Schlein” della segretaria del Pd, che non propone ma indispone? Intuibile la risposta.
La sindrome rabbiosa, ossessiva nel demonizzare gli avversari, in questo caso, la presidente del Consiglio, colpevole d’essersi meritata popolarità internazionale, stima di molti capi di Stato, ammirati delle sue qualità: intelligenza, coraggio e lealtà.
Diciamo la verità: a cominciare dalla montatura di un rischio neofascista inventato subito dopo il varo del governo Meloni (rischio che solo a paventarlo è stato e resta un’offesa alla saldezza della nostra democrazia e all’autorevolezza del Presidente di una Repubblica parlamentare, nata dalla Resistenza), non si contano le trappole e i pretesti orditi in questi due anni dalle insulse strumentalizzazioni di una sinistra, dissociata in tutto ma unita solo in bieche denigratorie trame.
Stavolta però si è davvero esagerato, passato il segno, per il maldestro tentativo divoler coinvolgere ad ogni costo il nostro Paese in un intrigointernazionale, nel caso del generale libico, e di tutte le sue incongruenze, dalla richiesta del suo arresto da parte della Corte penale internazionale mai pervenuta, mentre girovagava indisturbato in mezza Europa, al suo effettivo arresto ,sorprendentemente avvenuto con colpevole e sospetto ritardo, solo appena ha messo piede in Italia.
A riprova di un bieco disegno di mettere in difficoltà il nostro Paese, sapendo che qui da noi v’è chi rema contro e che crepe del genere favoriscono simili trame. Una conferma venuta dal velenoso dibattito in Parlamento, servito in realtà a lanciare “un Pd2 grillizzato” della Schlein e di Renzi, il quale, giova ricordare, un anno fa, nel febbraio del 2024, uscì con un saggio politico dal titolo: “Palla al centro”, in cui un capitolo intero, da pag. 114 a pag. 125 è dedicato al “Partito democratico, arrivato grillino” si dicono peste e corna e molto altro ancora della segretaria Elly spot per essersi appiattita sul Movimento Cinquestelle”, salvo poi ritrovarlo oggi “grillizzato” nel suo show parlamentare.
Con la fedelissima Elena Boschi impegnata addirittura nel volantinaggio per la nuova causa, dimenticando che i suoi odierni alleati, i grillini, nel 2015, presentarono una mozione di sfiducia contro di lei, per il coinvolgimento del padre nelle consulenze d’oro di Banca Etruria, poi, assolto, nell’ottobre 2022, dopo sette anni.
“Ho pianto tanto. È stato un calvario”, disse allora la Boschi eaggiunse Renzi: “Molti avversari politici odiatori, dovrebbero chiederci scusa”. Oggi forse, per quanto appena detto , dovrebbe essere lui a chiedere scusa di stare con gli “odiatori”, che hanno sparlato delle istituzioni e continuano a farlo, occupandone però le poltrone. L’aspetto però più sconfortante emerso dal recente dibattito parlamentare sul caso del generale libico, è la totale mancanza del senso del rispetto. Nonostante tanto auspicato, nel suo recente tradizionale discorso di fine anno, dal capo dello Stato.
Han voglia Bettini e Prodi di invocare la gemmazione nel Pd di un’anima liberale, cattolica,laica centrista riformatrice se poi tutta questa ricchezza di valori e di pensiero è mortificata da alleanze incompatibili e solo di convenienza. Bisogna convenire: la stagione dei “trasformismi istituzionalizzati” al potere - si dirà per necessità ma è una scusante insostenibile - ha prodotto danni enormi che verifichiamo anche con ostilità preconcette al buon lavoro del governo Meloni.
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