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L’INTERVENTO

Abolire le soprintendenze: è un freno senza tutela

La proposta di Carmine Ippolito

Abolire le soprintendenze: è un freno senza tutela

L’iniziativa della Lega, in materia di soprintendenze, non è condivisibile in quanto viziata per difetto, giammai per eccesso. Le soprintendenze non vanno solo depotenziate o esautorate di prerogative, come chiede la Lega, ma del tutto cancellate dall’ordinamento, ossia immediatamente soppresse, con un ordine esecutivo, alla Trump per meglio intenderci. Sulla carta dovrebbero essere articolazioni periferiche del Ministero della Cultura, concepite per rendere performante l'azione del dicastero nell’opera di tutela dello sterminato patrimonio artistico e architettonico di cui è costellato il territorio dell’intera penisola italica. Furono a tale scopo istituite nel XIX secolo, e la prima normativa in materia fu la legge Rosadi del 1909 che disciplinava i meccanismi di tutela statale sui beni culturali, paesaggistici, storici e monumentali. Tale normativa è stata rafforzata nel 2004 dal codice dei beni culturali e del paesaggio. L’obiettivo era quello di creare un apparato che fungesse da efficiente presidio nella conservazioni di luoghi, paesaggi e opere di pregio storico, artistico o culturale. Di fatto si sono trasformati in soporiferi centri di potere, dorati ipogei istituzionali cui è affidato un potere immenso che gestiscono determinando la paralisi di fatto delle istituzioni preposte alla conservazione dei beni paesaggistici e dei complessi monumentali. L’emendamento del deputato della Lega, Gianangelo Bof, è stato poi addirittura ritirato avendo verosimilmente destato sconcerto, nelle stesse file della maggioranza, l’idea che i pareri di questi chierici, in materia di interventi urbanistici e paesaggistici, allorquando la modifica fosse stata approvata, non sarebbe stato più vincolante. L’obiettivo del deputato leghista mirava evidentemente a sburocratizzare e velocizzare interventi edilizi o di restauro la cui realizzazione – allorquando obbligata a passare per le forche caudine delle soprintendenze - affonda nelle “sabbie immobili” di prassi che ne paralizzano la realizzazione, consegnandola a tempi biblici di elaborazione, studio e ultimazione. Orbene, a dispetto delle sacre vestali dell’ambientalismo italico, che le considerano imprescindibili baluardi della tutela del nostro patrimonio storico e artistico, le soprintendenze vanno abolite. È bene chiarire che questi apparati di burosauri contemplativi esistono solo in Italia: negli altri Paesi la tutela del patrimonio è affidata a commissioni di tutela, costituite da critici, storici dell’architettura, pittori e scultori di fama internazionale. E sono queste commissioni che dovrebbero soppiantarle. Del resto va ricordato che questi “ baluardi” burocratici (che non approvano i piani paesistici, previsti dalla legge Bottai del 39, per esercitare un insindacabile potere discrezionale) non hanno fatto nulla per evitare lo scandoloso degrado cui è stata abbandonata, per anni, la reggia di Carditello ed altri siti borbonici. La memoria storica non va dispersa, perché soccorre al fine di valutare la correttezza e l’apprezzabilità delle scelte politiche. Dalla loro istituzione, queste sovrastrutture di burocrati hanno conseguito o tradito i loro scopi? La soprintendenza di Napoli è responsabile del mostro di Alimuri, un grosso edificio costruito sugli scogli di Vico Equense, demolito, con ignominia delle istituzioni preposte, pochi anni fa. E del mostro di Pozzano, un enorme albergo costruito sui ruderi dell’ex cementificio, prodigiosamente classificato come archeologia industriale e bene da tutelare. È responsabile di tutti gli ecomostri di Ottieri, e del grattacielo della Cattolica, fabbricati realizzati tutti grazie al suo eminente parere favorevole. È responsabile dei detupramenti edilizi scaricati, come uno sfregio, sulla facciata del castello di Lamont Young al corso Vittorio Emanuele, delle stazioni del metrò collinare che hanno brutalizzato le più importanti piazze cittadine. Una menzione particolare va fatta dei baffi provvisori alla scogliera della rotonda Diaz, realizzati in violazione del vincolo monumentale di via Caracciolo. Se molta parte del Bel paese, ed in particolare il territorio della provincia di Napoli, è diventato una pattumiera di edilizia spazzatura, deve riconoscersi che le soprintendenze hanno fallito i loro scopi. Alle soprintendenze va tributato un altro encomio. Per avere reso possibile che l'affidamento dei lavori di restauro, e la consegna delle opere, di grandi complessi monumentali, costantemente assurgono ad imprese chimeriche che si perdono nei reticoli di comodi e interminabili incarichi di progettazioni affidate, in corrispettivo compensi sempre lauti, al parassitario baronaggio di titolati esperti ma operativamente inadeguati, ai cui irresponsabili trastulli abbiamo rovinosamente consegnato la bellezza d’Italia.

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