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Un crimine di genere o imparzialità della legge?

Nel codice penale italiano non c’è il reato di femminicidio, come lo si potrebbe abolire?

La violenza sulle donne e il ruolo della famiglia

Nei giorni scorsi un noto editorialista ha commentato favorevolmente la notizia diffusa dal Presidente argentino Milei di voler abolire il reato di femminicidio in vigore dal 2012. Il famoso collega ironizzava che in Italia ciò non potrebbe mai avvenire, a suo dire, per il femminismo molto radicato. Partiamo dal fatto che nel codice penale italiano non c’è il reato di femminicidio e, quindi, come lo si potrebbe abolire? Esso, senza mai essere menzionato, è riconosciuto all’interno del Codice rosso quale aggravante dell’assassinio della partner in un rapporto ancora in corso o già finito. Provo a commentare un po’ gli argomenti esposti da lui con una certa passionalità. Intanto la parola di apertura dell’articolo è un bel “Bravo” rivolto a Milei per il suo coraggio di tornare alla giustizia perché, affermava, un delitto non può essere più o meno grave a seconda del sesso della persona ammazzata.

Ed anche questo, a mio avviso, è contestabile perché la parola femminicidio è stata coniata proprio per evidenziare la violenza subita da una donna per il fatto stesso di essere donna e per la grande incidenza numerica di questi assassinii. In tutto il mondo sono talmente diffuse le uccisioni causate dal grave retaggio di una mentalità che vuole ancora oggi la donna in uno stato di subalternità che si è sentita la necessità di un vocabolo che renda bene l’idea. E se, poco poco, ci si domanda il perché di una così grande quantità di crimini contro le donne non si può che rispondere in un modo. La violenza degli uomini sulle donne esiste e, soprattutto, persiste perché c’è uno strutturato meccanismo culturale che ancora oggi, in modo chiaro o mistificato la giustifica.

D’altra parte lo ribadisce anche una Convenzione internazione, quella di Istambul. In Italia le leggi discriminatorie e punitive nei confronti delle donne, quali il delitto d’onore o lo Ius corrigendi, sono state abolite ma troppi uomini agiscono come se fossero ancora in vigore. Da noi i numeri dei femminicidi sono così alti perché un uomo lasciato o tradito dalla donna, che ritiene di sua proprietà, pensa di dover “lavare” il proprio onore. Il collega, in verità, riconosce l’abnorme quantità di questi fatti di sangue ma, invocando l’imparzialità della legge rispetto al sesso, non ricorda la disparità culturale insita nei moventi che spingono l’uomo ad ammazzare la donna. I numeri restano quasi invariati per il radicamento di questa mentalità nonostante il deterrente dell’aggravante.

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