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11 Febbraio 2025 - 09:59
La strada della politica estera, dilatatasi con sorpresa oltre quanto ci si aspettasse, sta diventando sempre più stretta.Si va riducendo pericolosamente lo spazio che Giorgia Meloni (prima donna italiana Presidente del Consiglio), è riuscita a conquistare in poco più di due anni di sua presenza a Palazzo Chigi e anche per questo accolta con grande simpatia e predisposizione – o “pregiudizio favorevole”da tutti i principali interlocutori “globali”. Ma questi fattori, volatili e di “cortesia diplomatica”, non bastano più nel senso che non riescono a conservare la forte “presa iniziale”. Ora i problemi sono come quei nodi gordiani che, gira gira, vengono irrimediabilmente al pettine in forza di quelle “cose” che, come diceva Lenin, “hanno sempre la testa dura”. Ecco adesso Giorgia Meloni con le spalle al muro, stretta fra Trump e Putin, due sostanzialmente autocrati che, di per loro, hanno conti in sospeso con la giustizia internazionale. In ballo c’è però, molto pericolosamente, anche il destino dell’Europa: un pezzo di mondo che rischia una crisi drammaticamente irreversibile e dagli effetti devastanti per tutti.
CAPI DI STATO INQUISITI E CONDANNATI. Il primo a sentirsi sul capo il mandato di arresto, valido per i Paesi dell’Unione europea, è stato Putin: ha agito contro di lui la Corte penale internazionale per la criminale aggressione all’Ucraina e la nazista deportazione in Russia di molti bambini per essere “rieducati”. Altro capitolo, e si attende dall’Aja un processo bis, il micidiale bombardamento di strutture sanitarie e scolastiche, di strade e condomìni fittamente popolati. Putin non vuole l’Italia a un eventuale tavolo di pace perché “troppo antirussa”. Da qui anche le iniziative del Cremlino per penetrare il sistema della comunicazione pubblica e dei Servizi segreti italiani a vantaggio della propagandistica demagogia sovietica. A sua volta Trump, primo Presidente alla Casa Bianca con condanna definitiva: minaccia dazi e sanzioni contro l’Europa per “ridisegnare” a tutto suo esclusivo vantaggio, il mercato degli scambi. Per la sopravvivenza della Nato, cui l’Italia è molto legata, vuole che ogni Paese della Comunità vi partecipi con il 5 per cento del proprio bilancio, altrimenti si va allo scioglimento. Con misure finanziarie e blocco dei visti sanziona la Corte penale dell’Aja mentre 79 Stati dell’Onu la difendono (tra questi non figura però l’Italia). In sostanza, come rilevano attenti osservatori, il presidente Usa non si fida dell’Europa ritenendo che “l’Occidente non sia altro che un baraccone” da sfasciare.
SUSSULTO DELL’EUROPA, INTERVIENE MATTARELLA. Bruxelles e Strasburgo danno segni di vigile reazione. Tra i 27 Stati dell’Unione non c’è però accordo unanime. I sovranisti, Orban in testa, insieme coi nazionalisti lepeniani, sono sempre pronti a rompere e disarticolare il “patto di solidarietà” per piegarsi, di volta in volta per ragioni opportunistiche, a Putin o a Trump mentre nel raduno dei “patrioti” a Madrid, il vice premier Matteo Salvini rilancia lo slogan “meno Europa, più libertà”. A Marsiglia l’opportuno richiamo, alla solidarietà europea, del Presidente Sergio Mattarella insignito della laurea ad honorem dall’università francese. Perentorie e stimolatrici le domande postedal nostro Capo di Stato: l’Europa intende essere oggetto nella disputa internazionale, area in cui altri esercitano la propria influenza, oppure divenire soggetto di politica sovranazionale nell’affermazione della propria civiltà? Può accettare di essere schiacciata tra autonomie e oligarchie con, al massimo, la prospettiva di un “vassallaggio felice?”. In sostanza, “protetti o protagonisti?”. L’Europa, deve rimanere, nel pensiero del Presidente della Repubblica italiana, “saldo riferimento per politiche di pace e crescita comune”, una custode e una patrocinatrice “dei valori della persona, della democrazia, dello Stato di Diritto”.
MELONI FRA DUE FUOCHI. Perdita di tempo pensare a quale dei due brucia di più e dove si annidano pericoli e insidie: a Mosca o a Washington? Un rinnovato europeismo e un atlantismo più dinamico e intraprendente favorirebbero l’uscita dall’impasse del momento. Nuova prospettiva la nomina di Claudio Casini a capo della Rappresentanza della Commissione Europea. La sede di Roma agisce sotto la presidenza di Ursula von der Leyen. La particolare attenzione al piano di ripresa e resilienza (famoso acronimo Pnrr) dimostrerebbe che Palazzo Chigi ha tutta la forza necessaria per non “avere padroni”, come ripete spesso Giorgia Meloni e per “agire in piena autonomia” nell’interesse dell’Italia (“amicus Plato sed magis veritas”, dicevano nell’antica Roma). In tutti gli incarichi svolti (con Mario Draghi e con la Meloni o a contatto con Raffaele Fitto) Casini non ha mai risparmiato impegno nel risolvere qualunque “grana” (che sia un parente di Pierferdinando?).
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