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Il dibattito
13 Febbraio 2025 - 09:36
Giorgia Meloni ed Elly Schlein
La corsa al centro è divenuta una pratica sportiva cui si sono iscritti negli ultimi 30 anni tanti ex democristiani e moltissimi nostalgici dello scranno. Ma l’allenamento non è servito sul piano prestazionale.
Tutte le sigle evocative del cattolicesimo impegnato e tutti i simboli contenenti croci o scudi o colombe sono arrivati in soli due casi a raggiungere percentuali vicine all’8/9%, fermandosi per lo più vicini allo zero virgola …L’approccio, in molti casi nostalgico, non ha giovato. Pensare di ricostruire il grande centro, peraltro in un momento di grave crisi della rappresentanza, è lunare.
È realistico, invece, mettere testa e impegno per restituire alla politica un patrimonio valoriale che conserva la sua attualità. La storia, se vissuta come base sulla quale fondare la consapevolezza del presente, è strumentale alla costruzione del futuro. Nessuna pretesa di ritorno al passato. Bensì un sano approccio alla vita che ha la sua consistenza nel fluire del tempo, perché, è banale dirlo, se dietro di noi troviamo il vuoto perdiamo il senso della prospettiva e, dunque, la capacità di visione.
Dovendo riconoscere che il bipolarismo è entrato, seppur malamente, nel nostro sistema, lo sforzo deve essere rivolto non tanto alla conquista di una area geometrica bensì alla affermazione di un paradigma democratico che tenda a comporre le differenze e a rinsaldare i pilastri della nostra Costituzione repubblicana.
L’animazione in corso nel campo di sinistra è la positiva riprova che il dissolvimento della Margherita ha portato all’appiattimento del pensiero del Pd verso sinistra, con evidente compromissione di rapporti con tanti mondi. La necessità è, quindi, ripartire da zero, rifondando un nuovo partito. Nel campo opposto, bocciato l’esperimento unitario del Pdl, si è ricreato subito uno spazio plurale, all’interno del quale FI, anche con il contributo di Noi Moderati, tiene la posizione.
Ma la terza gamba della coalizione deve e può crescere, facendosi più apertamente paladina dei valori del popolarismo. I valori della persona, della morale, della legalità, della pace, della libertà e della fratellanza tra i popoli sono sopraffatti dalla destrutturazione delle relazioni umane, ma non sono morti.
E sono sicuramente moderni i concetti di stato sussidiario, dove autonomie locali e governo centrale collaborino; di economia sociale di mercato, che contemperi le esigenze di uguaglianza sociale con la libertà d’impresa; di promozione dell’iniziativa privata a servizio dell’interesse pubblico, perché contribuisca a realizzare i diritti fondamentali alla educazione, alla istruzione, alla salute; di una dimensione sociale inclusiva; di un’organizzazione europea di Stati federati e di una visione internazionale euroatlantica.
Purtroppo tutto questo fatica ad emergere, perché lo schema bipolare è stato, negli anni, interpretato nella forma della contrapposizione, da cui è conseguita una dannosa incapacità di dialogo e una rigida e non componibile impostazione ideologica dove o sei socialista o sei capitalista, statalista o liberista, inclusivo o escludente. La politica ha perso, visto l’indebolirsi dell’area culturale di centro, la capacità di mediazione.
Oggi, dunque, come circa un secolo fa, l’elettorato moderato e cattolico è alla ricerca di chiari riferimenti politici. Esiste un’analoga esigenza ricostruttiva, ma il contesto è chiaramente cambiato e non ci sono all’orizzonte leadership forti.
La maggioranza nel Paese si è ripiegata, anche per questo, su se stessa. L’astensionismo è sintomatico di due patologie oramai sistemiche: il voto bloccato e la militanza perduta. La fenomenologia di tali patologie è fatta di personalismi, di individualismo e di paura. La bipolarizzazione, frutto di forzature normative, non ha favorito l’attecchire di una forma democratica di alternanza.
Il confronto politico si è risolto negli ultimi 20 anni in uno scontro personale che ha portato ad alzare toni e contenuti, con questo marginalizzando la cultura moderata. Questo gioco, spinto al massimo, ha spostato i poli verso gli estremi, in concomitanza con il venir meno di figure leaderistiche di riferimento. Non è un caso se al vertice dei due poli abbiamo espressioni di destra e di sinistra.
Cosa assolutamente nuova. I leader delle due coalizioni, quando hanno vinto, sono sempre stati di area moderata. Le elezioni si vincevano veramente al centro. Oggi invece sono polarizzate su Giorgia Meloni ed Elly Schlein. La modifica della legge elettorale sicuramente aiuterebbe il riavvicinamento di una vasta area di elettorato alla politica, in questo modo contribuendo al pluralismo della rappresentanza. E non solo. Una legge elettorale di stampo proporzionale sarebbe una spinta anche per rilanciare il ruolo e la funzione dei luoghi di aggregazione territoriali, le cui insegne, disseminate in ogni dove nel nostro paese, rappresentavano, un tempo, elementi identificativi importanti.
L’idea che si sta facendo strada nella maggioranza, in attesa dei tempi per la riforma costituzionale, prevede un sistema proporzionale, in cui la quota maggioritaria del Rosatellum viene sostituita da un premio di maggioranza del 15% alla coalizione vincente, che superi la soglia del 40% in entrambi i rami del Parlamento. A ogni elettore viene attribuito un doppio voto di preferenza e solo i capilista restano bloccati.
Sono d’accordo con chi, come Vincenzo D’Anna su queste pagine, sostiene che sia giunto il momento di tirarsi su le maniche e mettersi al lavoro, ma con la consapevolezza che il maggioritario, con collegi uninominali più piccoli, non risponde alle esigenze terapeutiche del paziente Italia. Esso comporta comunque una centralizzazione della scelta dei candidati in lista e un depotenziamento del voto individuale.
Nessun sistema rende protagonista il cittadino elettore come il proporzionale preferenziato, seppur con correzione maggioritaria di coalizione.105 anni fa, la Commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano lanciò l’Appello ai «liberi e forti» rivolto a quanti, «uomini moralmente liberi e socialmente evoluti», erano disposti a impegnarsi a sostenere un progetto politico e sociale per l’Italia all’indomani della Prima guerra mondiale.”.
L’appello nel 2025 dovrebbe invitare tutte le donne e gli uomini moralmente impegnati, socialmente partecipi e tecnologicamente integrati a unirsi per fermare la deriva della dissoluzione valoriale, della indifferenza civile e della supremazia della macchina sull’uomo.
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