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Il dibattito
15 Febbraio 2025 - 10:25
La separazione delle carriere dei magistrati (requirente e giudicante), sostenuta dal ministro Nordio, è fonte di protesta tra le toghe. Premesso che la magistratura italiana è, o quanto meno dovrebbe essere, un organo terzo e indipendente dalla politica, soggetto alla Costituzione e alle leggi, una parte considerevole della stessa ritiene che, se passasse la riforma sulla separazione delle carriere dopo il sì della Camera al ddl Nordio, si realizzerebbe un attacco alla democrazia.
In effetti, si potrebbe dire che questo passaggio da una funzione all’altra non si realizza facilmente e quindi una separazione di fatto è già esistente: il pm (accusa nel processo penale) che ha esercitato tale funzione a Napoli sarebbe costretto a spostarsi in un altro distretto di Corte d’Appello, per esempio nel Lazio, ove intendesse proseguire con altra funzione, non potendo assumere la funzione di giudicante nel distretto ove ha esercitato in qualità di pm.
Oggi è diviso il Parlamento e, con l’approvazione definitiva del ddl, secondo la visione dell’opposta fazione, sarebbero poi le linee guida della politica a dettare i parametri e gli obiettivi cui i magistrati e, in generale, le procure dovrebbero tendere. Quest’anno, per esempio, la concentrazione è stata sui reati di abusivismo edilizio e sulle truffe online e si prefigurerebbe uno scenario di assedio alla democrazia, con l’esclusione di fatto di altri e concomitanti reati relegati nelle procure senza adeguata e paritaria considerazione, per poter rispettare parametri imposti.
L’accusa ulteriormente mossa è che il ddl Nordio abbia travalicato i limiti dell’articolo 138 della Costituzione per la modifica. Bisogna comunque fare attenzione ad attribuire, mediante mistificazioni o false rappresentazioni, intenzioni di destabilizzazione che, in effetti, non ci sono.
Probabilmente sarà rimesso a un referendum la conferma o il diniego della separazione delle carriere dei magistrati, attraverso cui gli italiani saranno chiamati a decidere se la democrazia è minata oppure no, se la norma supera o meno la denigratoria attività compiuta, volta a suggestionare sul presupposto della compromissione di un bene irrinunciabile quale la libertà legata alle moderne democrazie. Per molti sarà un indebolimento della magistratura a vantaggio della politica, come hanno sostenuto in molti, dai capi delle procure ai deputati di sinistra, o solo un falso positivo, sbandierato da chi non appoggia questo governo?
Ma da dove deriva la necessità del guardasigilli di modificare la Costituzione per realizzare una divisione nelle carriere dei magistrati, che è stata già realizzata nella pratica per i limiti stringenti già esistenti al passaggio dall’una all’altra? Le proposte di riforma costituzionale per giustificare la separazione delle carriere si fondano su un principio cardine, riferito al nuovo testo dell’art. 111 della Costituzione, il quale impone che il giudice sia non solo imparziale ma anche terzo.
E terzietà non può che significare appartenenza del giudice a un ordine diverso da quello del pubblico ministero. La separazione delle carriere renderebbe il processo penale più equo perché affidato a un giudice terzo, in grado di garantire l’imparzialità della decisione.Di qui sarebbe necessario che l’organo dell’azione penale appartenesse a una carriera diversa, mentre l’appartenenza del pm alla stessa carriera del magistrato giudicante renderebbe il giudizio meno equo per difetto di imparzialità del giudice, mettendo la difesa dell’imputato in una condizione di minoranza rispetto al pm. Sarà vero o un falso mito?
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