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15 Febbraio 2025 - 10:43
Donald Trump e Vladimir Putin
Donald Trump: «La guerra è scoppiata perché Joe Biden ha dichiarato che l'Ucraina sarebbe potuta entrare nella Nato. Non vedo in che modo un Paese nella posizione della Russia avrebbe mai potuto consentire all'Ucraina di entrare nell’Alleanza Atlantica. Biden è stato un incompetente. Quando fece quella promessa all'Ucraina, io dissi: “Sai cosa otterrai, vero? Ci sarà la guerra". Ed è ciò che è successo. Questa è una guerra che non sarebbe mai successa se fossi stato presidente». Lui, Trump, è divenuto presidente.
La storia ha voltato pagina. E se non inciamperanno in ostacoli inaspettati e forti, la pace la firmeranno Trump e Vladimir Putin. Gli altri, se vorranno, a far da coreografia. Si possono nutrire riserve e timori sul conto della strategia del capo della Casa Bianca. Una cosa non può essere negata: la ricerca della pace basata sul realismo. E dovremmo aggiungere: con la forza della verità e non della propaganda, troppo spesso della menzogna.
Lo ha, non a caso, sottolineato ieri a Monaco di Baviera lo stesso vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, alla Conferenza sulla Sicurezza: «In Gran Bretagna e in tutta Europa, temo, la libertà di parola è in ritirata…. Quando guardo l'Europa oggi, a volte non è così chiaro cosa sia successo ad alcuni dei vincitori della Guerra Fredda”. A immaginarle le facce dei ‘grandi’ leader dell’Unione europea, dei ‘grandi’ statisti del Vecchio Continente, dei ‘grandi’ strateghi dell’Alleanza Atlantica, dei soloni che hanno affollato - in una gara tra profeti di sventure - i massimi mass media del pianeta. Indignazione per l’abbandono di Kiev, che non c’è perché la guerra l’ha persa in partenza, e ad indignare sarebbe semmai il comportamento dei leader ucraini ed europei appiattiti dietro Biden. Ma è pure cominciata la rincorsa - e il ricorso - ai “sì, però” dei tanti esperti.
Il ‘Roma’ è stata in piccola compagnia a fare contro-informazione, assieme al ‘Fatto’, alla ‘Verità’, a rarissime voci contrarie, quelle che i divulgatori del consenso nazionale hanno una tantum concesso a rappresentare una presunta pluralità di voci…. L’Ucraina non entrerà nella Nato, ma avrà garanzie di sicurezza. Soluzione prospettata nei termini migliori, una decina e più d’anni fa, da Henry Kissinger. Ma Barack Obama e il suo vice Biden avevano altre idee al riguardo, ispirate dagli stessi Neocon che avevano influenzato Bill Clinton e George Bush jr. Miravano alla Russia.
Kissinger aveva già superato i novanta anni (morirà dopo aver tagliato il traguardo dei cento). Non ritenne di sollecitare i governi europei: quand’era personalmente attivo in giro per il pianeta - da segretario di Stato e poi ascoltato consulente - a chi gli chiedeva se avesse, sul problema del momento, consultato anche l’Europa, rispondeva: “Ditemi con chi devo parlare”. Zelensky ora batte i piedi e rinvia le elezioni e imprigiona gli ultimi oppositori ancora in circolazione. Ha già fatto espatriare dieci milioni di ucraini e spinto a rifugiarsi all’estero duecentomila (o forse trecentomila) giovani per sfuggire all’arruolamento forzato che ora punta a far scattare addirittura ai 18 anni, ha mandato al camposanto alcune centinaia di migliaia di soldati e chissà quanti civili: dati secretati.
Ha decimato le fasce più attive della popolazione. Ha letteralmente distrutto un intero Paese, il suo. E ora firma la svendita dei tesori nazionali, grano e terre rare: debiti da saldare, ricostruzione da affidare. Keith Kellog , inviato speciale statunitense per l’Ucraina, lo ha incontrato ieri a Monaco per consegnargli la bozza del contratto di sfruttamento da parte Usa delle ‘terre rare’. Kellog sarà lunedì a Bruxelles: confermerà l’invito a Ursula von der Leyen a partecipare ai negoziati, purché non ne intralci il corso, e reiterà la richiesta che l’Europa metta mano al portafogli per la propria sicurezza.
Zelensky e i leader europei hanno insistito sulle “condizioni” da includere nelle trattative, alle quali vuolessere presente. Trump non è contrario: presenti o meno, a lui interessa cominciare a recuperare la Russia, gettata dall’Occidente nelle braccia della Cina. Un team russo d’alto livello, e già esperto di trattative sull’Ucraina, è pronto per il tavolo dei negoziati: dal consigliere del Cremlino Yuri Ushakov (già ambasciatore a Washington e consigliere del Cremlino per gli affari esteri), al compagno di lavoro di Putin al Kgb, Serghei Naryshkin(che dirige il Servizio di Intelligence per l’estero e fa parte del Consiglio di sicurezza), a Kirill Dmitriev (amministratore del Rdif, il Fondo russo per gli investimenti diretti), ‘intermediario’ con il nuovo governo Usa.
A Monaco la gente pensava ad altro: al conflitto in Ucraina che ha interrotto le forniture russe a basso costo di energia, ridotto le esportazioni verso la Cina, aperto scenari di crisi economica; ieri soprattutto al terrorismo islamista che l’altro giorno è tornato a insanguinare la Germania, proprio nella ‘capitale’ bavarese e ancora una volta per mano di immigrati. Alternativa per la Germania (AfD) è insorta: la destra accusa le autorità per le mancate espulsioni di sospetti terroristi e non solo. E i socialdemocratici di Olaf Scholz temono che domenica 23 febbraio - giorno di elezioni anticipate dopo il fallimento del governo di sinistra - gli elettori possano far saltare la possibilità (taciuta ma anelata) di una ‘grande coalizione’ con i centristi Cdu-Csu.
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