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Il commento
17 Febbraio 2025 - 13:05
Nel 2024 la produzione industriale è calata di 3,5 punti percentuali. Si è accelerata una flessione che già nel 2023 aveva fatto registrare un -2%. Il trend, se dovesse assumere connotati strutturali, finirebbe per ridurre ancora di più l’incidenza del manufatturiero sul pil nazionale, che al 2023 superava di poco il 20%.Il settore dominante da decenni è il terziario, la cui quota è largamente superiore al 70%. L’Italia resta tuttavia il secondo Paese manifatturiero d’Europa, dopo la Germania. E non è un titolo onorifico, ma un posizionamento importante per garantire alla sua economia una adeguata stabilità. Non dimentichiamo che la nostra nazione è povera di combustibili e materie prime. Il peso dell’industria è stato così determinante per innescare il boom economico del secondo dopoguerra e per consentire all’Italia di conquistare un ruolo rilevante, tra le principali potenze economiche mondiali. È, quindi, fondamentale evitare che la prolungata congiuntura negativa del settore, avviata a superare il biennio, sfoci in un definitivo ridimensionamento della nostra base produttiva. Come sta già avvenendo per il comparto dell’automotive: la produzione di vetture nel 2024 si è quasi dimezzata, passando da 542 mila a 310 mila unità. Si è tornati a livelli così bassi che, per ritrovarli, si deve risalire addirittura al 1957, anno in cui tuttavia si stava vivendo un percorso di strepitosa crescita. L’economia completamente terziarizzata significherebbe importare sempre di più da altri Paesi non soltanto energia e materie prime, ma anche manufatti. In un quadro come quello che stiamo vivendo, è evidente il rischio enorme originato da una sempre maggiore dipendenza. Il mito della globalizzazione, che pure ha assicurato indubbi benefici per le tasche dei consumatori tra fine secolo scorso e primo ventennio del nuovo secolo, è andato in parte a frantumarsi contro una geopolitica, in cui la seconda parte del termine è diventata preponderante, specie dopo la pandemia e l’aggressione russa all’Ucraina. Le filiere corte hanno guadagnato spazi rispetto a quelle lunghe, ma per reggere il gioco bisogna avere il coltello dalla parte del manico. Prodotti da offrire, non soltanto catene distributive e servizi di accoglienza e ristorazione. Anche perché l’industria manifatturiera è parente stretta dell’innovazione e del lavoro più qualificato. Non a caso, l’occupazione in Italia negli ultimi tempi è cresciuta, sì, ma con un abbassamento dei livelli retributivi medi, trattandosi spesso di lavoro di medio-basso profilo. Siamo ancora in tempo per invertire la tendenza.
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