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24 Febbraio 2025 - 08:54
Friedrich Merz
In Germania il voto conferma le previsioni: il centro Cdu-Csu di Friedrich Merz prima forza politica, la destra di Alternativa per la Germania (AfD) secondo partito; puniti i socialdemocratici dell’Spd che perdono molti consensi a favore dei post-comunisti.
I popolari ribadiscono che non formeranno un esecutivo assieme all’AfD: ritengono di poter continuare ad usufruire del “voto utile” isolando la destra. Cosa che fa comodo a socialdemocratici, Verdi, liberali, post-comnisti ed eventuali altre forze politiche minori che abbiano superato la soglia del 5% dei voti,perché li rende necessari per formare un governo.
La prospettiva che si pone la destra tedesca è di crescere tanto da poter imitare il francese Rassemblement national di Marine Le Pen: divenire necessaria alla vita o alla sopravvivenza dell’esecutivo. Se non partecipi del governo, condizionarlo. Si vedrà. Ma chiuse le urne in Germania, l’attenzione torna a spostarsi sull’Ucraina al terzo anniversario di guerra.
Oggi giunge a Washington il presidente francese Emmanuel Macron: ai media europei ha assicurato che l’obiettivo principale è di rappresentare il dissenso europeo verso un’apertura di Donald Trump a Vladimir Putin che rivelerebbe una esagerata disponibilità. A rafforzare questa versione, oggi si riunisce il consiglio dei ministri degli Esteri dell’Ue per varare l’ennesimo stanziamento di aiuti per Kiev – tra i 6 e i 10 miliardi di euro – e l’ennesima mitragliata di sanzioni contro Mosca.
Il sedicesimo “pacchetto”, cui Mosca probabilmente reagirà anche ampliando la ‘flotta fantasma’, ora di 600 e più navi, che rifornisce i mercati di gas, greggio e minerali vari. In realtà, l’Ue non è unita. Ungheria e Slovacchia d’accordo con Trump. E altri governi, l’italiano in testa, non vogliono che le sponde dell’Atlantico s’allontanino. Macron incontra il presidente Usa per calmarne, sì, i bollenti spiriti contro il “dittatore” Volodymyr Zelensky ma soprattutto a presentare la disponibilità franco-britannica a favorire mediazione e compromesso tra i belligeranti.
Come? Allestendo una forza speciale di 30mila soldati da inviare come garanzia di sicurezza in Ucraina. Trump, infatti, ha confermato il veto all’adesione di Kiev alla Nato, la cui prospettiva ha costituito il motivo principale dell’ “Operazione speciale” russa. A conferma della disponibilità di Parigi e Londra, giovedì giungerà alla Casa Bianca pure il premier britannico Keir Starmer. L’aveva anticipatol’altro giorno il consigliere per la Sicurezza Usa, Mike Waltz mentre alla Casa Bianca entrava il presidente polacco Andrzej Duda, a dimostrazione che Washington non lesina consulti con gli alleati.
Un ‘corpo di pace’ senza bandiera Nato ma di due Paesi dell’Alleanza Atlantica. La speranza che Mosca accetti di far finta che non lo siano suscita davvero molte perplessità. E ne suscita altrettante la prospettiva che il regime di Kiev possa rischiare la vendetta popolare, dopo tre anni di distruzioni e sangue per una “guerra inutile” con la perdita di quasi tutto il territorio russofono e restando fuori dalla porta della Nato.
Di un riavvicinamento minimo, in realtà, s’è sussurrato: Kelensky accetterebbe di perdere la sola Crimea, Putin di rinunciare a qualche chilometro quadrato già occupato. Tuttavia, non bisogna sottovalutare ilcapo dela Casa Bianca: solo pochi avrebbero scommesso un dollaro, un paio d’anni fa, sulla riconquista della Casa Bianca. E chissà che riesca stavolta a convincere Putin, che festeggia la vittoria e ringrazia i soldati che combattono “per il futuro della nazione”, costringendo Zelensky a… “parcheggiarsi a Parigi”.
E la chiamata alle armi dell’Ue?.. Una cinquantina di miliardi di euro all’anno promette il riorientamento produttivo delle industrie dell’Ue, oggi in affanno perché danneggiate dai risvolti del conflitto in Ucraina, da un mercato cinese che si stringe le spalle guardingo e dai dazi Usa. L’Europa ha bisogno di una difesa comune, se ne parla da settant’anni, e oggi di far respirare l’economia. Il riarmo non favorirebbe le sole fabbriche d’armi ma anche – tanto per fare qualche esempio - la riconversione di alcuni settori industriali, la ricerca, nuovi mercati.
La Gran Bretagna e soprattutto la Francia sono le sole medie potenze nucleari nel Vecchio Continente e dotate di discrete forzeconvenzionali: il nucleo di una futura forza comune. Tanto più che il ‘triangolare strategico planetario’prende il via. Vladimir Putin e Xi Jinpingdiscuteranno da remoto sul summit - che potrebbe svolgersi già nei prossimi giorni - tra i capi di Casa Bianca e del Cremlino. Faranno un esame congiunto sulle conseguenze delle discussioni telefoniche tra il presidente russo e il capo della Casa Bianca e sui risultati e le prospettive del vertice russo-americano svoltosi in Arabia Saudita.
Insomma, è la preparazione al summit annunciato da Trump con il leader cinese. Non a caso, il ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi, aveva la settimana scorsa confermato ai colleghi intervenuti al G20 in Sud Africa che per l’Ucraina si è finalmente dischiusa una “finestra per la pace”. Il conflitto ha strappato un equilibrio la cui tela va ricucita ma pure modificata. E Pechino la “finestra per la pace” anela a spalancarla e si propone quale autorevole partecipe allo sforzo diplomatico.
L’imperialismo cinese è “soft”, sviluppandosi all’ombra di quello commerciale. Pure Xi inviò tre anni fa i suoi ‘messaggeri di pace’ a Kiev: tante grazie e vennero accompagnati alla porta. Simile fu lo scenario con il premier israeliano Naftali Bennete ai tavoli del negoziato a Minsk e a Istanbul: intese poi rinegate o disdette. Con Trump le cose sono per ora cambiate.
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