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l'appello
27 Febbraio 2025 - 09:51
Caro direttore, vorrei accendere i riflettori su un fenomeno che è in crescita nelle corsie d’ospedale ma ancora poco trattato fuori. Sono in aumento i pazienti con polineuropatia, una malattia neurologica che distrugge i nervi, quelli che trasmettono il comando dal sistema centrale ai tessuti e agli organi periferici. Senza il nervo trasmettitore, muscoli e tessuti non hanno più un collegamento con il resto del corpo, diventano parti molli e morte, come se a un burattino avessi tagliato i fili. È una malattia di cui spesso non si conosce la causa e che ad oggi non ha una cura, ma solo qualche palliativo che serve a rallentarne gli effetti più gravi. Io sono uno di questi pazienti. Negli ultimi quattro anni ho lentamente perso l’uso dei piedi, dei polpacci, delle gambe e ora inizio a perdere anche la funzionalità delle mani. Non sono ancora su una sedia a rotelle solo perché faccio appello ogni giorno a tutta la mia volontà per reggermi, con l’aiuto delle stampelle, sulle mie gambe rigide ridotte come quelle di Pinocchio burattino.
La cosa che mi fa perdere di più il sonno è che nessuno mi ha ancora detto la causa di tutto ciò: un’infiammazione, un virus, forse, una malattia rara degenerativa…non si sa. Ogni mese vedo decine di persone nell’ambulatorio che frequento per sottopormi all’unica terapia che in questo momento ci dà un po’ di vita: flebo di immunoglobuline da fare per tre o quattro ore, per alcuni giorni. E sì che ne avevo frequentati di ospedali prima, quando ero giovane, quando lavoravo da giornalista e seguivo la cronaca dalla Sanità. A metà degli anni ’80 anche io mi ero occupata della “peste del secolo”, quella nuova malattia che veniva dall’Africa e che sembrava impossibile da combattere, sconosciuta e mortale senza rimedio alcuno.
Poi, grazie anche alla battaglia mediatica che ognuno di noi ha spinto fin dove poteva, sono nati gruppi di ricerca e cure sperimentali. Oggi certo non si guarisce dall’Aids ma si può mettere a tacere per dare ai malati anni di vita decente. Per non parlare del cancro, la condanna a morte per eccellenza. Eppure oggi sempre più malati di tumore (soprattutto per alcune tipologie) sconfiggono il male, sopravvivono e perfino guariscono grazie a cure sempre più all’avanguardia. Io credo che la nuova peste di questo secolo sia la malattia neurologica, la neuropatia in tutte le forme in cui si presenta. In questi anni ho trovato tra i compagni di flebo persone che hanno scoperto di averla anche da 20 anni, qualcuno da pochi mesi. Chi ha una forma lieve che si può tenere a bada, chi invece la vede galoppare con effetti gravi inarrestabili.
Ci sono donne e uomini di tutte le età, anche anziani di 80 anni e perfino qualche giovanissimo di 17 anni. Ognuno di noi ogni giorno, ogni settimana, perde un pezzetto in più di sè, un muscolo, un movimento, e deve tornare a fare i conti con cosa deve ancora cancellare nella sua vita quotidiana: non corro più, poi non guido più, poi non cammino più…. Una lenta sottrazione di vita che urla un po’ di attenzione. Attenzione da parte di chi ci assiste, da parte di chi ci vive accanto, anche da parte di chi sta bene e non può neanche immaginare come si possa vivere così morendo un po’ alla volta. Faccio appello a chi oggi può far accendere i riflettori su di noi. Fate quello che noi abbiamo fatto tanti anni fa: urlate per spingere la comunità scientifica ad occuparsi di noi per accelerare la ricerca di una cura.
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