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L'opinione
28 Febbraio 2025 - 08:44
Siamo a poco più di un anno dalla scadenza prevista per il Pnrr e la situazione per il Mezzogiorno si fa sempre più preoccupante. Quasi la metà (48%) delle opere pubbliche previste nelle regioni meridionali, infatti, non è neppure partita. Per il resto, il 21% dei progetti risulta in ritardo, l’11% in linea con la tempistica prevista, con la tempistica prevista, mentre un 21% risulta completato. Questi dati, insieme ad altri, provengono da fonti autorevoli e istituzionali, quali Banca d’Italia, Svimez e Openpolis.
Emerge un quadro che conferma le difficoltà di istituzioni ed amministrazioni a realizzare in tempi relativamente rapidi interventi infrastrutturali fondamentali per la crescita dei territori. Sulla base dei ritardi cumulati dai vari soggetti attuatori, il Governo centrale potrebbe attivare una task force finalizzata ad accelerare gli iter, a snellire le procedure.
Nei casi più problematici, il livello nazionale potrebbe sostituirsi ad enti che di fatto risultino inadempienti, magari, più che per colpe e responsabilità specifiche, per inadeguatezza e carenze di organici. Insufficienze dovute alla esiguità dei budget e alla conseguente limitatezza delle risorse finalizzate a migliorare competenze e incrementare il numero di professionisti in grado di gestire interventi di notevole complessità tecnico finanziaria.
Ma forse neppure queste ‘forzature’ sarebbero sufficienti. Ad accrescere i nostri dubbi c’è il fatto che a procedere arilento sono anche opere infrastrutturali strategiche come la linea ad Alta velocità Salerno Reggio Calabria. Qui non si tratta di enti locali a corto di personale, ma di interventi monitorati e gestiti da chi ha expertise da vendere, ha già dato vita in passato a opere del genere e, proprio in questi anni, sta realizzando una tratta altrettanto, se non addirittura più strategica, come la Napoli-Bari.
Vi è quindi una serie di impedimenti che rendono meno agevole l’obiettivo di colmare il divario infrastrutturale e di servizi Nord-Sud e che possono essere di varia natura, dai vincoli ambientali ai tempi di concessione di autorizzazioni, a quelli di esame delle pratiche. È la burocrazia che, in Italia, purtroppo stenta a modernizzarsi.
Ed è proprio la grande riforma burocratica quella che, malgrado i numerosi tentativi abbozzati, ancora manca in questo Paese. Bisogna superare la logica del niet, il potere del veto, o semplicemente di rallentamento nato da inerzia o incapacità. Quello che impedisce a chi vuol fare di procedere speditamente. Nel rispetto dei valori paesaggistici e storico-culturali, ma anche della qualità della vita di milioni di persone.
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