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La riflessione
02 Marzo 2025 - 10:30
Sabato 22 febbraio il Governatore della Campania De Luca, con la trionfale enfasi con cui è solito condire i suoi annunci per renderli più appetibili, nella conferenza stampa tenutasi alla Stazione Marittima, ha illustrato alla città di Napoli e al Paese intero il faraonico progetto della futura sede della Regione, elaborato dallo studio internazionale di Zaha Hadid Pasca di Magliano e da lui fortemente voluta. L’opera si chiama “Il Faro” è composta, esaminando i “rendering”, da un lungo frontale a mo’ di scafo e da due edifici come due gigantesche vele alla quadra, secondo il “popolo irridente” due “sedie sdraio al sole” addirittura “due scivoli”, con più di qualche sortita, una per tutte: “Don Vincè? Dove? Dubai se la licenza non ce l’hai?”. “È la più importante riqualificazione urbana dal dopoguerra ad oggi ha detto e ribatte tuttora il presidente potente, moderna, affascinante, assolutamente compatibile con l’ambiente, che garantisce la visuale da ogni angolo, dal Vesuvio ai Campi flegrei. Un esempio di architettura contemporanea, unica, che fornirà una identità moderna a Napoli, nel contesto progettuale di riqualificazione della Porta Est, che parte dalla Stazione Eav di Porta Nolana e arriva a Corso Lucci”.
Il tempo di annunciarlo e sul “Faro” si sono subito profilate più ombre che luci. Per il via libera all’opera mancherebbero ancora indispensabili e decisive verifiche procedurali: il Presidente avrebbe fatto i conti senza l’oste, o meglio disatteso il monito del celebre aforisma di Mister Trapattoni di “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. Il giorno dopo l’annuncio, il 23 febbraio, a riportare a terra il Governatore dal suo volo autoencomiastico e avveniristico ha provveduto a farlo direttamente il sindaco Manfredi. Il quale ha detto: “Noi siamo favorevoli all’intervento, a un patto che si faccia tutto con una visione unitaria in un’aria per noi strategica“, confessando alla fine di non aver ancora visto il progetto, un particolare che la dice lunga sullo stato attuale dell’armonia istituzionale tra i vertici di due importantissimi enti, senza la quale non si costruisce nulla. Un comportamento più che di incomunicabilità meglio dire di incompatibilità caratteriale tra i due, naturalmente non certo ideale per la realizzazione di un’opera come questa del “Faro”, che impone un’armonia senza rimetterla in discussione secondo le rispettive imprevedibili paturnie.
A riguardo riteniamo quanto mai prezioso un lontano consiglio del sindaco Valenzi, il quale, dall’alto delle sue molteplici esperienze di vita, disse: “Napoli non si governa da un Palazzo solo”. Una considerazione molto illuminante per accendere il “Faro”. Oltre a questa incerta fase ancora interlocutoria dell’opera, c’è un altro aspetto fondamentale da considerare: il contesto paesaggistico in cui dovrà sorgere l’opera. A farcelo dire oggi con forza è il senso grandioso sacrale del rispetto dovuto alle radici di una città, in questo caso Napoli, che emerge in una lontana conversazione della professoressa Donatella Mazzoleni a cura di Simonetta Poggiali nel saggio “Le Lingue di Napoli” (Cronopio 1994).
“All’inizio di ogni mio corso di lezioni dice io porto gli studenti a Castel dell’Ovo, e da lì, da quell’isola di tufo sospesa sul mare, l’invito a guardare verso terra, verso i due archi del porto e quello di Chiaia che si protendono verso Sud nel mare e la cui tangenza genera la collina di Monte Echia, dove fu fondata l’antica Partenope. Stiamo sempre lì in silenzio. Dopo un po’quella striscia di terra rivela la sua natura di punto cosmologico, di sito che raccoglie l’energia magica di tutti gli elementi fondamentali della cosmologia greca; a sud l’Acqua, il mare, a nord le colline, che si elevano verso l’Aria del cielo, a est il Fuoco nascente del Sole, ma anche del Vulcano attivo, il Vesuvio, a ovest la Terra che, nei Campi Flegrei , riprende il Fuoco dentro di sé”. Che altro dire? Solo un consiglio per Sindaco e Governatore di ripercorrere insieme l’itinerario dei lontani allievi della Mazzoleni e concordare le scelte più rispettose della cosmologia di Partenope. Di cui quest’anno c’è la celebrazione ultramillenaria.
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