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05 Marzo 2025 - 10:53
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen
Addio alle armi all’Ucraina e raffica di dazi a rivali e ad amici. Alla vigilia della riunione straordinaria dell’Unione europea, che segue quella più ristretta di Londra, è giunta puntuale la conferma di Donald Trump alle voci fatte trapelare per preparare l’opinione pubblica nazionale e internazionale. Il presidente degli Stati Uniti rafforza la propria immagine di statista, sì, discusso e a tratti discutibile per i modi spesso eccessivamente franchi e cui siamo disabituati ma anche coerente, alieno dall’ipocrisia. Dichiara i propri obiettivi e li persegue. Sul conflitto in Ucraina, lo scopo è il negoziato. Sulle relazioni con la Federazione russa, il passaggio da un confronto, che potrebbe generare il fuoco nucleare, al ritorno alla collaborazione: già a dimostrarlo i contatti discreti tra Washington e Mosca per rimettere in funzione il gasdotto Nord Stream (distrutto da un attentato che ha spinto molti a puntare il dito contro la precedente amministrazione statunitense).
Sui rapporti con la Cina, l’alt non solo alle minacce verso Taiwan ma anche e soprattutto a un egemonismo commerciale sviluppato da una globalizzazione eccessivamente favorevole per Pechino e fallimentare se l’obiettivo occidentale era d’impedirne l’espansione strategica. La reazione dell’Unione europea è stata nel segno della tradizione. Una girandola d’incontri, subvertici esummit, con il solito spreco di chiacchiere per ilpubblico tv e di quattrini, che andrebbero risparmiati colricorso alle connessioni da remoto. Un accavallarsi di propositi comuni circa l’impegno a stringersi a fianco del capo del regime di Kiev che, invece, Trump ritiene un ostacolo alle trattative e da rimuovere. Un riarmo dell’Europa che vede (quasi) tutti teoricamente d’accordo, però in disaccordo sui fini: che si formi e realizzi sullo schema originario di Charles de Gaulle (l’Europa-nazione potenza militare per non divenire succube dell’egemonia Usa), oppure ancorato agli Usa per non dividere l’Occidente euro-atlantico (dal momento che lo si vuol mantenere distante dall’Occidente euro-asiatico, la Russia).
E un “armiamoci e partite” che si profila, perché sull’invio disoldati in Ucraina non mancano i ‘no’: di Roma, autocandidatasi con accortezza a ‘ponte’ tra Vecchio e Nuovo Continente; di Budapest e Bratislava perché sottolineano l’esigenza di dialogare con Mosca e recuperarla alla “casa comune europea”. Desiderio che si propaga nelle popolazioni europee e tentazione che s’insinua in alcuni governi. Vedremo che cosa verrà fuori dall’ennesimo summit, che per ora di straordinario ha solo il tentativo di rassicurarsi l’un l’altro. Qualcuno ha rilanciato il mònito di Henry Kissinger: essere nemici dell’America è pericoloso, esserle amici è fatale. Quasi a ricordare i precedenti: abbandono dell’Europa liberata per una metà, l’altra abbandonata a Stalin. Così era stato con i russi “bianchi”, i cino-nazionalisti, i nord-coreani, i sud vietnamiti, l’alleato Saddam Hussein impiccato… e via elencando fino agli afgani abbandonati nelle stesse mani dei vecchi carcerieri.
Qualcun altro degli Stati Uniti ha ricordato la storia: la rivoluzione americana che conservava lo schiavismo ma spacciata addirittura per un anticipo di quella francese, che non si fermò con Robespierre e Napoleone; i calumet della pace fumati assieme ai capi pellerossa le cui tribù furono poi decimate e le loro terre rubate; le “acquisizioni” territoriali a suon di pallottole o con denaro sonante; la vittoria dei nordisti che però lasciò ai coltivatori del Sud un bel po’ di manodopera a regime di segregazione razziale, eccetera eccetera…. Ma che cosa ha fatto l’Europa? Un rosario di guerre, due mondiali, e da tre anni passerelle a Kiev, abbracci, promesse e tanti quattrini, e tante armi, molte delle quali rivendute, “scomparse”, come ancora ieri ha denunciato uno dei più famosi e seguiti giornalisti americani, TuckerCarlson. Il premier britannico Keir Starmer è pronto a inviare soldati e a sciogliere i cordoni della borsa: farebbe meglio a guardarsi attorno, con l’economia malmessa, molte famiglie che mandano i bambini a scuola senza mensa scolastica o panino in cartella e la criminalità comune in aumento: dovrebbe utilizzare i militari in casa. Comincia a non essere molto diversa la situazione in altri Paesi europei. Che cosa aspettarci, allora, da Trump?
La pace in Ucraina, se è ancora l’uomo degli Accordi di Abramo. E che cosa dall’Europa? Meno ipocrisia e più realismo: la Russia non costituisce un pericolo, perché non ha la forza militare convenzionale per esserlo. E neppure la volontà. E forse varrebbe la pena ricordare l’intervista del giornalista russo Mikhail Zygar a Victoria Nuland, la battagliera neocon, consorte del neocon Bob Kagan. Inviata in Ucraina da Barack Obama per “sovrintendere” alla rivolta di Maidan diretta alla caduta del presidente Viktor Yanukovich, conquistò notorietà per la risposta (“Fuck Europa”) che gridò al telefono a chi temeva che dall’Ue sarebbero partite obiezioni e critiche al suo operato. Al giornalista russo confessò che davvero Washington e Londra misero il veto alla firma dell’intesa raggiunta nelle trattative dell’aprile 2022 tra Mosca e Kiev.
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