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l'opinione
11 Marzo 2025 - 09:37
Mentre il crepuscolo è calato sulle rovine del passato regime siriano, un nuovo capitolo si è aperto in una Siria lacerata da contraddizioni e promesse tradite. Il 3 gennaio 2025 ha segnato l’inizio di un’illusione collettiva: l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea, Kaja Kallas, ha inviato a Damasco i Ministri degli Esteri di Francia e Germania per legittimarel’insediamento di un governo nato dalle ceneri della lunga guerra civile che ha visto la dissoluzione del regime del partito “Baath”, guidato da Bashar al Assad. Il nuovo governo, espressione delle milizie islamiche fondamentaliste HTS, ha saputo subito presentarsi come garantedei diritti delle minoranze e architetto di una transizione democratica. Tuttavia, già entro lo scorso febbraio, questa dichiarazione di principio, fatta a esclusivo uso e consumo della comunità internazionale, si è trasformato in un incubo.
Il nuovo leader siriano, Ahmad al Shara, ha sciolto il parlamento, ha congelato il processo costituente e ha avviato una campagna di discriminazione nei confronti di ogni forma di dissenso delle minoranzecristiane, alawite, druse e curde, dopo essere riuscito ad accreditarsi come fautore di stabilità promettendo protezione alle minoranze e una “road map”per elezioni libere, mentre i media di mezzo mondocelebravano, con pochissime riserve, la “svolta storica”. Dietro la retorica dellariconciliazione, si celava, infatti,una realtà più oscura. Le miliziegovernative e il nuovo esecutivohanno semplicemente adottato un linguaggio politico morbido e suadente per accreditarsi più facilmente all’estero e l’UnioneEuropea, accecata dalla volontà di chiudere, senza troppe analisi, il capitolo Assad, ha ignorato i rapporti dell’intelligence che segnalavano, già da subito,regolamenti di conti e campi di addestramento jihadisti ancora attivi. Il nuovo governo siriano ha basato la sua legittimazione internazionale su un abile “narrative building”: dichiarazioni pubbliche a difesa della libertà religiosa, incontri teatrali di facciata con leader cristiani e delle altre minoranze e promesse di quote parlamentari per le stesse
Ma già da subito hanno iniziato a emergere segnali inquietanti, progressivamente aumentati e sempre sistematicamente ignorati. A Tartus, storica roccaforte cristiana e alawita, gruppi armati legati alle milizie fondamentaliste hanno profanato chiese trasformandole in centri logistici, mentre ad Aleppo venivano imposti tributi speciali sulle proprietà di alcune minoranze religiose. L’Unione Europea, invece di inviare osservatori indipendenti, si è affidata a rapporti redatti da ONG filogovernative, le quali hanno descritto ipocritamenteuna “transizione complessa ma promettente”, mente la normalizzazione rimaneva lettera morta. I consulenti giuridici europei inviati a Damasco si sono scontrati con un muro di ostilità burocratica, mentre i vertici del nuovo governo rimandavano continuamente l’avvio del lavoro politico, preferendo consolidare l’occupazione militare delterritorio. Il nuovo leader, sciogliendo il parlamento, sospendeva sine die il processo costituente e le elezioni, inizialmente promesse per il 2026, sono state rimandate al 2029 con la scusa di “priorità securitarie”. Nel giro di poche settimane, ogni forma di opposizione è stata criminalizzata attraverso decreti d’emergenza che hanno equiparato il dissenso al terrorismo, mentre nelle città costiere di Tartus e Latakia le comunità cristiane e alawite hanno tentato di organizzareinizialmente proteste pacifiche,diventate teatro di una repressione metodica che ora sta portando a vere e proprie forme di disperata resistenza armata da parte delle minoranze non gradite al nuovo regime.
Testimoni oculari riferiscono dirastrellamenti notturni delle milizie governative, di esecuzioni sommarie degli oppositori, dell’istituzione di “tribunali rivoluzionari” che stanno condannando a morte per apostasia chiunque osi criticare ilnuovo regime, mentre le miliziefondamentaliste HTS, ora trasformate in Guardia Rivoluzionaria, hanno ricevuto carta bianca per epurare i “traditori della patria”, cioè i dissidenti di ogni credo politico e confessione religiosa. La persecuzione delle minoranze sta assumendo, negli ultimi giorni,caratteristiche genocidarie che si arricchiscono quotidianamente di particolari agghiaccianti. L’Unione Europea, caduta con presunzione e arroganza nella trappola politica abilmente tessuta a gennaio dalla nuova classe dirigente siriana, si trova ora impreparata e spiazzata di fronte alla velocità della deriva autoritaria. La sottovalutazionedella natura ideologica “islamista” e intollerante delle milizie HTS ha rappresentato l’ennesimo grave errore strategico e quindi il sostegno europeo al governofondamentalista siriano ha avuto effetti paradossali.
Da un lato, i fondi stanziati per la ricostruzione sono finiti nelle casse delle milizie che li hanno utilizzati per potenziare l’apparato repressivo. Dall’altro, la legittimazione internazionale,subito concessa al nuovo governo di Damasco, rende ora difficile districarsi dal pantano diplomatico. Il tutto mentre, aLatakia, un gruppo di monaci cristiani ha organizzato una rete clandestina per far fuggire famiglie perseguitate attraverso vecchi tunnel risalenti all’epoca ottomana, gli Alawiti di montagna si organizzano militarmente per resistere,pagando però un prezzo altissimo in rappresaglie sui civili, i Curdi tentano di organizzarsi in enclave autonome e resistenti e i Drusi si difendono in armi e chiedono la protezione dell’esercito israeliano.
Le immagini satellitari stanno mostrando interi villaggi degli oppositori rasi al suolo da bombardamenti a tappeto, in un tentativo di pulizia etnico-religiosa da parte dei governativi fondamentalisti. Ancora una volta, dunque, la Comunità Europea ha mostrato i propri limiti di intelligenza politica e di capacità di analisi, tradendo i suoi teorici valori fondanti di libertà e praticando il consueto doppio standard nell’applicazione di quel principio di “responsabilità di proteggere” invocato a squarciagola in altri contesti, ma ignorato in Siria. Sindrome da stanchezza geopolitica? No:incompetenza, superficialità, lobbismo ideologico e assenza di visione politica e strategica.
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