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L'opinione
14 Marzo 2025 - 09:07
Le ultime rilevazioni dell’Istat sulle esportazioni, riferite all’anno scorso, sono sorprendenti. A livello nazionale nel 2024, rispetto al 2023, si è registrata una lieve flessione dello 0,4%. Si tratta, tuttavia, di una media tra i valori molto diversi espressi dalle macroaree. Mentre il Centro cresce del 4%, Nord Ovest e Nord Est contengono il calo rispettivamente al 2 e all'1,5%, le Isole e il Sud crollano (nell'ordine: - 5,4% e - 5,3%).
La vera sorpresa, quindi, è il ribaltamento avvenuto nel Mezzogiorno, che nel periodo immediatamente precedente era risultato primo per incrementi percentuali delle vendite all’estero. La sensazione, dunque, è che, dopo una parentesi positiva, il Mezzogiorno abbiaripreso a ‘staccarsi’ dal resto d'Italia. Certo, ha avuto un peso determinante lacrisi dell'automotive, la cui produzione negli ultimi decenni si è concentrata al Sud.
Vi è la speranza che, con un rilancio del comparto, l’export torni a crescere, sostenuto anche da settori che nel Meridione continuano a consolidarsi, come il chimico farmaceutico o come l’agro industriale. La svolta negativa del Sud, tuttavia, deve spingerci a riflettere su un punto nodale, sotto il profilo delle strategie d’approccio all’eterna questione meridionale.
Se è giusto, infatti, rimarcare potenzialità del Sud troppo spesso trascurate, forse anche volutamente, dal sistema mediatico nazionale, non si può neppure cadere nell'eccesso opposto, con una narrazione che nasconda sotto il tappeto la polvere delle tante criticità che ancora frenano lo sviluppo del Mezzogiorno.
L’attenzione per il Sud deve, anzi,spingerci a tenere alta la guardia, perché vi sono troppi portatori di miopi interessi territoriali che, su tante partite decisive per lo sviluppo, si pongono in contrasto con gli interessi dell’area. Senza capire che della crescita del Mezzogiorno si avvantaggerebbe l'intero Paese.
Quando si parla di rivedere il Pnrr, ad esempio, occorre distinguere tra necessità di una ulteriore modifica, imposta oggettivamente dal rischio di perdere soldi per interventi non realizzati entro la deadline del 2026, e verifica di dove vanno a reindirizzarsi le risorse tagliate dalle ‘missioni’ divenute ormai ‘impossibili’.
Non è possibile che perfino la già insufficiente riserva del 40% per il Mezzogiorno venga ridotta a favore delle aree forti del Paese. Le risorse del Sud, pur se rimodulate, devono restare a Sud! È su questi temi che ci si batte per la crescita del Mezzogiorno. Non fingendo di non vedere l’ennesimo treno delle opportunità che ci sta passando sotto il naso.
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