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18 Marzo 2025 - 08:46
Musk e Trump
Nasce con Goethe, nel 1797, la figura dell’apprendista stregone. Nel lessico letterario e giornalistico diventa sùbito una persona irresponsabile che, con grande disinvoltura e senza adeguata preparazione specifica, applica metodi e tecniche che non è in grado di padroneggiare. Conseguenza immediata: danni enormi e irreversibili per tutta la comunità. Nel nostro tempo sono gli Stati Uniti d’America a “regalarci” due “apprendisti stregoni” d’eccezione e “nuovi di zecca”.
DONALD TRUMP. Appena rientra alla Casa Bianca, applica i dazi sulle importazioni preannunciati demagogicamente in campagna elettorale. Reagiscono Canada, Messico e Cina che fanno scattare le tariffe del 15 per cento sui prodotti agroalimentari americani. Grande lo spavento per mercati e borse. Giù pesantemente Wall Street con Nasdaq (indice azionario delle aziende tecnologiche quotate sul mercato) che perde in poco tempo oltre mille miliardi di dollari.
Prima “bravata” e inevitabili constatazioni: le politiche caotiche del neo rieletto presidente e i super tagli imposti, rischiano di congelare, nel breve tempo, l’economia degli Stati Uniti. Prospettiva raggelante di fronte a cui Trump interviene, sbrigativamente, con inevitabili sospensioni e modifiche. Sbrigativo anche sulla possibile tregua tra Kiev e Mosca. ”I miei negoziatori puntano sulla Russia. Scatteranno immediate sanzioni devastanti se Cremlino e Putin rifiuteranno la tregua”.
Attesa per oggi la telefonata Cremlino-Casa Bianca con Trump sicuro che “si sono ridotte le distanze fra Russia e Ucraina”(sapremo oggi se e in che modo…). Per l’insieme delle decisioni finora adottate, nel segno della disinvolta improvvisazione, Trump va giù nei sondaggi: 11 punti in meno, corrispondenti al 53 per cento degli americani.
ELON MUSK. Giornate nere anche per l’uomo più ricco del mondo. Crolla il titolo di Tesla (la Casa automobilistica) con meno del 15 per cento e una perdita, preventivata per il 2025, di oltre il 40 per cento. Smacco significativo pure per i satelliti Starlink e le connessioni con lo spazio. Chi più sta vicino al principale consulente finanziario di Trump e ne carpisce i desideri,giura che Elon già si vedeva a Roma a bordo di una fiammante Tesla, mentre varcava orgogliosamente spavaldo il portone del Quirinale.
Ma dal Colle soltanto gelo e per lui una brusca frenata. Scrive Andrea Bulleri che il nostro Presidente della Repubblica non ha mai nascosto “lo scetticismo sui neo-feudatari del terzo millennio”, quei “novelli corsari che aspirano a vedersi affidare signorie nel cyber spazio”. In sostanza, il presidente Mattarella non stima gli “usurpatori delle sovranità democratiche”.
TRAVOLTI INSIEME CON ACCUSE E CORI FURIOSI. Il tutto per Presidente e suo fidato consulente. È accaduto ad Asheville Caroline del Nord. Il deputato repubblicano Chuck Edward organizza un incontro sui problemi del momento. Grande stupore, per lui, quando viene assalito dall’ira dei suoi elettori che gli contestano violentemente la politica estera di Trump (minacciata annessione Groenlandia e Canada) e la gestione troppo “putiniana” della crisi in Ucraina. A Elon Musk riservati sprezzanti cori e insulti. Qualcuno grida “deportatelo!”.
RIARMO EUROPA O PROGETTO DIFESA. La presidente Ursula von der Leyen pone il Parlamento di fronte alla possibilità di impegnare 800 miliardi per riorganizzare le necessarie difese europee dopo l’aggressione della Russia all’Ucraina e il cambio di posizione trumpiana sostanzialmente in favore di Putin. In pratica, si fa strada l’idea che la pace si può ottenere soltanto con la forza. Al voto (669 parlamentari presenti) 419 i sì,204 i no,46 gli astenuti. Il futuro vede l’Ucraina come Stato membro dell’Unione con Putin che si opporrà con ogni mezzo. Ma se questo accadrà, Trump farà scattare contro la Russia “nuove e più efficaci sanzioni” (almeno così minaccia…).
PROBLEMA PER L’ITALIA E PER GIORGIA. Dopo il voto di Strasburgo, fino a che punto peseranno i comportamenti di Trump così sbilanciato più a sostegno di Putin che in difesa dell’Ucraina? Si può immaginare il nostro Paese sempre e illimitatamente filo-trumpiano? Quanto conterà, a Palazzo Chigi, il salviniano no della Lega quando si tratta di difendere strenuamente l’Ucraina dall’aggressore russo e fino a una pace condivisa e durevole? La Premier Meloni non diserta incontri e videochiamate.
Ma è ferma sulla posizione di una pace giusta e duratura: niente soldati italianiin Ucraina mentre il premier inglese Starmer, a capo dei “volenterosi”, è più drastico: Putin smetta di giocare o più sanzioni. In vista un summit tra Italia e Usa con la nostra Premier in prima linea.
UNA PIAZZA PER L’EUROPA. È quella che - per merito di Michele Serra - si è vista a Roma sabato 15 marzo: 50mila manifestanti, un mare di bandiere italiane ed europee, vessilli dell’Ucraina e della Georgia. Sullo sfondo l’Inno alla Gioia di Schiller con “Bella ciao” nel segno della libertà liberatrice. Tanti, a piazza del Popolo, hanno rivissuto un po' dello spirito europeista ed atlantico del Manifesto di Ventotene. Significativa la presenza di Renata Colorni,85 anni, figlia di uno dei sottoscrittori, con Altiero Spinelli, dello storico ed esemplare programma di riscatto politico e morale degli italiani.
CAPITALE DELLA CULTURA, CONTRASTO NORDSUD. Titolo e milione di euro in premio, alla città di Pordenone che balza per il 2027 agli onori delle cronache in quanto ha saputo rappresentare in modo convincente i richiami storici, monumentali e paesaggistici del proprio territorio (provincia della Regione Friuli-Venezia Giulia). La consacrazione alla presenza del ministro Alessandro Giuli. In gara, fino all’ultimo, le campane Pompei e Sant’Andrea di Conza.
Per la selezione segnalate tra le 17 concorrenti anche Acerra, Caiazzo e Santa Maria Capua Vetere. Una competizione che per molti osservatori ha prestato il fianco a una lettura politica. Pordenone, senza per questo sminuire la sua forza attrattiva, avrebbe avuto la meglio, nelle battute finali, per la maggiore efficienza e credibilità della sua classe dirigente. Al contrario, invece, il sorpasso su Reggio Calabria proprio per la maggiore inefficienza degli amministratori che l’hanno rappresentata.
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