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la riflessione
20 Marzo 2025 - 09:47
Mentre i potenti della Terra discutono di strategie militari e aumentano le spese per la difesa, il nostro pianeta lancia segnali sempre più chiari della sua sofferenza. Catastrofi naturali, temperature record, scioglimento dei ghiacci, desertificazione e innalzamento dei mari sono fenomeni che non appartengono più a un lontano uturo, ma alla nostra realtà quotidiana. Eppure, mentre la crisi climatica minaccia la sopravvivenza della nostra specie, le priorità globali sembrano orientarsi altrove: al riarmo, alla competizione geopolitica, alle guerre che si moltiplicano nel mondo.
Ma quanto tempo possiamo ancora permetterci di ignorare l’evidenza? Secondo i dati recenti, la spesa militare globale ha superato i 2.200 miliardi di dollari annui. Un'enormità, soprattutto se confrontata con gli investimenti destinati alla lotta contro il cambiamento climatico, che restano nettamente inferiori. Questo significa che gli Stati spendono più risorse per difendersi dagli ipotetici nemici che per proteggere il loro stesso territorio dagli effetti devastanti della crisi ambientale. Nel frattempo, la Terra si ribella. Incendi fuori controllo, uragani devastanti, ondate di calore senza precedenti e siccità estreme stanno già mietendo vittime e distruggendo intere comunità.
La scienza è chiara: senza un'inversione di rotta, questi fenomeni diventeranno ancora più frequenti e intensi, con conseguenze drammatiche per l’umanità. I leader mondiali hanno una responsabilità enorme. Non possono continuare a fingere che la loro priorità sia garantire sicurezza e stabilità se nel frattempo ignorano la minaccia più grande: il collasso del pianeta. Il tempo delle parole è finito, servono azioni concrete. Bisogna destinare una parte significativa delle risorse militari a strategie di adattamento e mitigazione climatica, favorendo la transizione ecologica, la protezione delle foreste, la riduzione delle emissioni e la ricerca di soluzioni sostenibili. In uno dei suoi più celebri monologhi, Totò ricordava che la morte è una "livella", una grande equità che annulla ogni distinzione di classe e potere.
Ed è proprio questa verità a dover far riflettere i potenti: nessuno è immune dalle conseguenze del disastro ambientale. Nemmeno chi oggi siede ai tavoli del potere, nemmeno chi si sente al sicuro dietro confini e arsenali. Se il pianeta crolla, crolliamo tutti. E allora, quale senso ha continuare a costruire armi mentre la casa in cui viviamo sta andando in fiamme? Oggi siamo ancora in tempo per cambiare direzione, ma il tempo stringe. La speranza è che i lea der del mondo capiscano che l’unica vera sicurezza non deriva dagli eserciti e dalle armi, ma dalla salvaguardia della Terra. Solo allora potremo dire di aver costruito un mondo più giusto, più sicuro e più vivibile per le future generazioni.
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