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L'opinione
24 Marzo 2025 - 16:38
Giampiero Gualandi e Sofia Stefani
Contratto di sottomissione sessuale. Non è l’invenzione di un autore di romanzi erotici ma un reale documento di due pagine con tanto di obblighi pena maltrattamenti da parte del “padrone” ovvero “colui che tutto può sulla sua schiava” e che “domina l’anima della sottomessa”.
La schiava in questione si impegna per determinate condotte sessuali ma anche per un insieme di comportamenti durante la quotidianità tra cui, per esempio, rispondere a telefono entro pochi secondi ed inviare foto a richiesta. 33 anni lei, 60 lui. Lei nubile, lui sposato. Lei ex vigilessa con contratto a tempo determinato scaduto, lui capo della polizia municipale.
Giampiero Gualandi e Sofia Stefani sono i protagonisti, lui come imputato, lei come vittima, di un caso di presunto femminicidio il cui giudizio si è avviato nei giorni scorsi in Corte d’Assise di Bologna. Durante una delle prime udienze si sono vissuti momenti imbarazzanti quando la procuratrice aggiunta di Bologna, Lucia Russo, ha rivelato che i due, circa un anno prima del fatto di sangue, avevano firmato questo spregevole accordo.
Ricostruiamo i fatti. Sofia Stefani fu uccisa il 16 maggio 2024 con un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi all’interno della sede della Polizia municipale di Anzola. La giovane donna, con contratto scaduto che, all’epoca, sperava in una ripresa del rapporto lavorativo, si era recata presso il comando da cui, poi, era uscita morta. Da subito si seppe che tra i due c’era stata una relazione intima nonostante lui fosse sposato e lei fidanzata.
E che non si trattasse di sparo involontario partito a seguito di rissa né per sbaglio durante la pulizia dell’arma pure era apparso da subito chiaro. All’arrivo dei soccorsi, lui si era mostrato freddo, per nulla provato dall’accaduto e gli inquirenti iniziarono a percorrere tutte le piste possibili.
Momenti davvero imbarazzanti quelli vissuti quando la procuratrice aggiunta di Bologna, Lucia Russo, ha rivelato i contenuti del singolarissimo contratto firmato da ambedue circa un anno prima del fatto di sangueaggiungendo che tra loro la storia clandestina era stata altalenante e che lui, in altre parti del contratto era definito con il suo ruolo lavorativo, cioè comandante.
La sua difesa parla di un gioco. Guarda caso la parte del “comando” era del reale comandante, quella della schiava, invece, dell’aspirante al ripristino del rapporto lavorativo. Sporco gioco di potere di lui, lo chiamerei, come troppo spesso accade in ambito lavorativo.
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