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L'intervento

La cosiddetta generazione Z e l’educazione alla fragilità

Colpa di genitori che non hanno saputo fare i genitori

La cosiddetta generazione Z e l’educazione alla fragilità

La cosiddetta generazione Z - quella dei nati tra il 1997 e il 2010 - è anche quella di coloro che non sono in grado o non vogliono più sopportare le continue contraddizioni e le molteplici difficoltà della vita e hanno deciso, una volta per tutte, che a loro tutto è dovuto. Totalmente incolti e assolutamente intolleranti, prodotti in serie da una scuola in cui dominano l’insegnamento dell’ignoranza e la fabbrica della banalità, ossessionati da se stessi, dipendenti dagli schemi, imbevuti di Netflix, di “social”e di realtà virtuale, sono alla perenne ricerca di zone di conforto che li proteggano da ogni seppur minima molestia e di “likes” per aumentare il tasso di dopamina nel cervello.

Per loro ogni problema della vita normale è rappresentato come una minaccia per il benessere emotivo dell’individuo, uno choc per la sua autostima e una fonte potenziale di traumipermanenti che necessitano di un immediato intervento terapeutico. In questo contesto, la maggior parte dei messaggi pubblicitari sembra rivolgersi aindividui provvisti di un QI davvero minimale, mentre nel linguaggio mediatico a loro rivolto non ci sono più padri e madri, ma solo papà e mammine, zietti e ziette depotenziati di ogni forma di autorevolezza e di esperienza. Èla generazione che va in strada in monopattino elettrico, che sitrastulla con il politicamente corretto, mossa dal desiderio di non urtare la ipoteticasuscettibilità di nessuno, che si entusiasma per la lettura e la cinematografia del revisionismo buonista fine a se stesso, abilmente incoraggiata dagiustizieri e nuovi guru della celluloide e della carta stampata.

È, insomma, la generazione dello svuotamento di ogni vera vita interiore. Qualcuno ha detto che “non è con un cuore di carciofo che si può affrontare il mondo quale è”. E, infatti, oggigiorno il narcisista immaturo ha perso ogni senso della realtà, della storia, del tragico, il che fa di lui una preda condannata in partenza a soccombere perchévive sdraiato o al più recitando giaculatorie anarcoidi banali e decontestualizzate,autoassolutorie nella sostanza. Mentre il mondo è in preda a grandi sconvolgimenti che ne rivelano l’eterna complessità al di fuori e oltre i momenti ovattati vissuti come in una bolla negli ultimi ottant’anni di storia, la generazione Z discute amenamente della “scritturainclusiva”, della mascolinità tossica del patriarcato e della malvagità dell’uomo nei confronti dell’ambiente.Continuando così il risveglio ci sarà, ma sarà improvviso e terribilmente traumatico. Colpa nostra se si è giunti a questo.

Colpa di genitori che non hanno saputo fare i genitori, di una scuola che non ha saputo educare, di una società che si è modellata sull’infanzia, che ha perso i punti di riferimento, con il liberismo ad oltranza ed il consumismo diventati l’unico orizzonte dell’individuo postmoderno, sempre più egoista, sempre più incline a scambiare i desideri per diritti,sempre più sradicato. Per l’inversione di tendenza si è ancora in tempo, fortunatamente, perché,nonostante il quadro delineato appaia sconfortante, persistono margini significativi per la speranza e la trasformazione. Riconoscere le carenze di un sistema che ha fallito nell'educare alla responsabilità costituisce il primo fondamentale passo verso un'autentica metamorfosi culturale. Diventa imperativo riscoprire il valore del patrimonio culturale, la potenza dell'esperienza diretta e la centralità di un'educazione che trascenda l'apparenza, stimolando una consapevolezza critica e costruttiva.

Solo attraverso questo percorso sarà possibile frenare la tendenza all'alienazione dell'individuo, restituendo dignità e senso di appartenenza a una comunità sempre più disorientata. Ci vuole coraggio. Solo con il coraggio come alleato imprescindibile e la determinazione come stella polare, si può cercare di abbattere gli ostacoli del presente per ridefinire il futuro.

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