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25 Marzo 2025 - 09:42
Prima domanda: ma quanto è durata, quanto lungo il tempo che ha visto Trump e Putin ognuno da un capo all’altro del telefono? Mosca e Washington non si trovano d’accordo: chi dice mezz’ora e chi due ore e mezzo, forse anche tre. Circostanza da considerare puramente senza significato e marginale? Oppure: davvero “de minimis non curat pretor?”. Così non dovrebbe essere vista la delicatezza e la complessita’ dei problemi aperti dal giorno in cui il Capo del Cremlino ha invaso l’Ucraina dando a questa violenta aggressione il nome di veloce “operazione speciale” da concludersi rapidamente in due-tre giorni (di “guerre lampo” Hitler si riteneva un collaudato specialista, ma poi i fatti lo hanno tragicamente travolto per fortuna di tutti noi).
LA PACE PIÙ VICINA? Non sembrerebbe proprio. E’ vero che un punto all’attivo non manca: da molto non c’era colloquio tra Mosca e Casa Bianca. Un po' di gelo sembra essersi sciolto con Trump (78 anni) che sprizza euforia da tutti i pori, con Putin (72 anni) che nasconde compiacimento dietro un gelido controllo. A parte la ripresa di contatti fra Zelensky e Trump, i diversi incontri sul piano europeo e internazionale dove l’Ucraina non ha mancato di ricevere “significative e promettenti solidarietà”, restano le ragioni e le diffidenze di fondo tra i due interlocutori. A parte la Crimea già inglobata nel 2014, la Russia pretende tutte le regioni del Donbass e poi che l’Ucraina non abbia un governo filo-occidentale, non entri mai nella Nato e magari nemmeno nell’Unione Europea. Dal canto suo, Trump è sempre più interessato alle “terre rare” compresi tutti quei territori ucrainiricchi di risorse e materiali preziosi (alluminio,acciaio) per l’economia americana; non sono secondari lo scrollarsi di dosso il peso del sostegno finanziario a Kiev, l’indebolimento dell’Europa come autorevole soggetto politico internazionale, la possibilità di occupare la Groenlandia, il Canada e il Golfo del Messico senza dover dar conto a nessuno; in aggiunta il progetto di trasformare la striscia di Gaza in una luccicante Costa Azzurra medioorientale.
TREGUA SOLO DI NOME. Per la pace “durevole e condivisa” sembra proprio che manchino ancora le condizioni minime.Occorrono mesi di trattative e forse un risultato si potrà ottenere entro l’anno. Al momento soltanto una tregua di 30 giorni che riguarderebbe la cessazione dei bombardamenti sulle raffinerie russe da una parte, e sulle ucraine centrali elettriche dall’altra. Una tregua quasi farsesca visto che dalla Russia continuano a partiregrandi quantità di droni giorno e notte, se si chiede che a Kiev non vengano inviate armi di autodifesa mentre Putin si avvale di razzi iraniani, soldati della Corea del nord, coperture e sostegni da parte della Bielorussia. In sostanza, l’Ucraina dovrebbe farsi massacrare senza reagire e magari arrendersi senza porre condizioni (così i seguaci di Orban in Europa, così i leghisti salviniani in Italia: massimo dell’abiezione quando non si vuole distinguere più nemmeno chi è l’aggressore e chi l’aggredito). Telefonata come momento comunque storico. Nei prossimi giorni si vedrà meglio chi, in questo “duello”, ha vinto e chi no. Per ora non ha dubbi Fiona Hill, consigliera di Trump durante il primo mandato alla Casa Bianca: ”Ha vinto nettamente Putin; ha ottenuto quello che voleva: una tregua senza nessuna concessione; la ‘chiamata’ un negoziato personale sulla testa degli europei”. Sviluppo decisivo, nelle trattative Trump-Putin-Zelensky, la prospettata adesione della Cina al movimento dei “Volenterosi” (una trentina di Stati).Un’adesione conseguente alla chiusura, da parte della Cina, con il Gas naturale liquefatto e il dirottamento delle metaniere verso l’Occidente.
EUROPA E MANIFESTO DI VENTOTENE, DA DRAGHI ALLA MELONI. L’ex Premier (febbraio 2021-ottobre 2022),illustra alle Camere italiane il suo rapporto sul futuro della competitività europea (un mercato unico per 450 milioni di persone), con la “sicurezza” meno sicura dopo il disimpegno di Trump, e la Russia “minaccia più concreta per tutti”. Necessaria,pertanto, ”una catena di comando che coordini eserciti eterogenei per lingue, metodi, armamenti” e che sia in grado di “distaccarsi dalle priorità nazionali” pur meritevoli di attenzione. In sostanza, un progetto sul futuro della civiltà e della democrazia occidentale.Di fronte a questo scenario, l’incauta scivolata della premier Meloni (in carica dall’ottobre 2022), sul “Manifesto di Ventotene”: quel possibile progetto da cui nasce la Costituzione dell’Italia a sua volta nata con il Risorgimento, rinata con la Resistenza e il Referendum del 2 giugno 1946.Cara Giorgia: hai saputo conquistare simpatia, attenzione e credibilità a livello internazionale, perché citando malamente il Manifesto di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, ti sei “arravogliata” in una polemica che riguarda momenti fondativi della nostra storia democratica, liberale e progressista? Dici di aver letto “un testo” (o soltanto un passo?) e che quell’idea di Europa che vi hai riscontrato “non è certamente la mia”. Ecco il pensiero portante del Manifesto: “la rivoluzione europea dovrà essere socialista, dovrà proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione, per esse, di condizioni più umane di vita”. E poi la proprietà privata: ”Deve essere limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio”. In sostanza, no ai grandi patrimoni in mano a pochi accaparratori. Il presidente della Repubblica Mattarella ha sempre indicato il Manifesto di Ventotene come punto di riferimento imprescindibile.
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