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lettera dal palazzo
28 Marzo 2025 - 09:43
Il pomodoro San Marzano Dop
Eravamo un paese prevalentemente agricolo. L’agricoltura italiana primeggiava nel mondo per la qualità dei suoi prodotti che la rendevano assolutamente competitiva e costituiva un notevole incentivo per la nostra economia. Tutto cambia, ma si spera cambi in meglio, anche perché il forte sviluppo della tecnologia avrebbe dovuto favorire un ulteriore miglioramento dell’agricoltura. È accaduto il contrario, cosicché parlare oggi dell’Italia come “paese agricolo” è davvero fuori luogo.
L’agricoltura italiana è in preda ad una profonda crisi. Quali sono le ragioni di questa crisi? C’è, in primo luogo, una ragione climatica. Da qualche anno a questa parte il clima non aiuta la produzione agricola. In questo caso non è soltanto l’agricoltura italiana a patirne le conseguenze. Una situazione analoga si verifica ad esempio in Spagna. Ma non risponde a verità il detto secondo cui “aver compagni al duol scema la pena” come affermava padre Dante.
Oltre ai problemi climatici contro i quali si può fare ben poco, esistono infatti responsabilità prettamente italiane come l’assoluto disinteresse dei giovani per il lavoro e per quello agricolo in specie, tant’è che con la sua nota sgradevolezza, Elon Musk è giunto addirittura a ipotizzare che presto l’Italia sparirà dalla faccia della terra.
Se ci è possibile indulgere ad un aneddoto personale ricordiamo che un tempo, neppure troppo lontano, i giovani facevano la fila davanti alle aziende per poter ottenere il lavoro. Oggi tutto questo è solo un lontano ricordo, cosicché le aziende sono costrette, per alcuni lavori, a rivolgersi ad albanesi e rumeni che sono, per fare un esempio, i veri padroni della olivicoltura imponendo prezzi altissimi che fanno “sballare” completamente il rapporto costi-ricavi. Citiamo un esempio, gli albanesi pretendono dieci euro per potare una pianta e potare un uliveto di mille piante comporterà una spesa di diecimila euro, a questi diecimila euro se ne devono aggiungere almeno altrettanti per altre spese come la raccolta delle olive, la concimazione, la molitura, ecc., ecc.. Si tratta, come si vede, di una spesa non competitiva della quale il proprietario dell’uliveto non riuscirà mai a rientrare.
Ecco perché, se si vuole davvero salvare l’agricoltura italiana, il governo dovrebbe intervenire con massicci provvedimenti anziché appesantire ulteriormente la posizione degli agricoltori con balzelli e pratiche burocratiche. Abbiamo citato il caso dell’olivicoltura che è tra i più macroscopici, ma possiamo dire, senza tema di smentite, che non c’è settore del mondo agricolo che non si trovi in una situazione analoga. L’Italia può benissimo rinunciare alla qualifica di “paese agricolo”, ma inevitabilmente le cause che determinano la crisi dell’agricoltura investiranno altri settori. Ci ripugna condividere la tesi di Elon Musk secondo cui l’Italia è destinata a scomparire. Ma certamente è necessario intervenire per modificare la situazione. Quale compito più importante di questo ha da assolvere il governo?
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