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La riflessione

Irpinia fuori da Campania Teatro Festival 2025

Imperdonabile “l’assenza” nella programmazione

Irpinia fuori da Campania Teatro Festival 2025

“La Campania è una regione italiana a statuto ordinario di 5.577.648 abitanti, avente per capoluogo Napoli. È la più popolosa e più densamente popolata del Sud. A livello nazionale è terza per numero di abitanti. Situata tra il mar Tirreno a sud-ovest e l'Appennino meridionale a nord-est, ha una superficie di 13670,95 km². Oltre alla città metropolitana di Napoli ha quattro province: Avellino, Benevento, Caserta e Salerno”. Ne abbiamo sintetizzato il profilo da Wikipedia. Che la gente possa saperlo, è auspicabile,ma non è obbligata. Altro è, invece, il discorso di chi è tenuto a saperlo per funzioni istituzionali, amministrative o di promozioni culturali, e non lo sa o lo dimentichi.

Tutto questo preambolo è per definire imperdonabile “l’assenza” dell’Irpinia nella programmazione del “Campania Teatro Festival 2025”. In barba alla denominazione dell’evento che ne indica e sottolinea l’esclusivo perimetro regionale. Ora quale ne sia la ragione andrebbe , o meglio, va spiegata. Ricordando soprattutto quanto dettagliatamente precisa e “non.., recita” l’articolo 3 dello Statuto originario del Festival del 2014 sulle sue finalità, rivolte: “A realizzare e a gestire il Napoli Teatro Festival, organizzare un’offerta coerente e/o differenziata di progetti teatrali, prodotti e/o ospitati che trovino nella ricchezza storica e artistica, con l’azione sociale della città di Napoli e dell’intera regione Campania, le strutture organizzative e le spinte di partecipazione, necessarie a realizzare positivamente l’incontro tra culture, generazioni e gruppi sociali differenti” e molto altro ancora di rilevante impegno territoriale, impossibile qui da sintetizzare.

Dopo quanto appena detto, nel rileggere l’ampio programma dell’edizione 2025: 150 eventi in 30 giorni, dal 13 giugno al 13 luglio,11 internazionali, 68 debutti assoluti, 41 spettacoli italiani, poi tutte le altre sezioni da sport-opera, musica, letteratura, ai progetti speciali e ai 23 titoli dell’Osservatorio speciale, distribuiti tra sette sale: Palazzo Reale, Donnaregina Vecchia a Ponticelli, Villa Campolieto, fiordo di Furore, Salerno, Benevento, Pinetamare, stupisce che non si sia riusciti a trovare un’opportunità degna per inserire nel cartellone la provincia di Avellino, culturalmente tra le più apprezzate del Paese.

Sfogliando di primo acchito il programma, può starci anche una comprensibile negligenza. Ma poi, dopo tanti giorni dalla comunicazione ufficiale dell’evento,senza alcun chiarimento a riguardo, non guasta adesso averlo dalladirezione artistica, cioè dallo scrittore e commediografo Ruggero Cappuccio. I luoghi meritano sempre rispetto, naturalmente, maggiore attenzione quelli che hanno storie significative e prestigiose, patrimoni culturali da proporre, onorare e conservare. A ben riflettere “Campania Teatro Festival 2025” fa emergere più di qualche dissonanza rispetto agli auspici statutari di tutt’altro segno. L’Irpinia fuori, più che una scelta scorretta, mostra scarsa sensibilità verso un territorio noto e citato per le sue eccellenze culturali e di varia natura. A cominciare dal grande pensatore Francesco De Sanctis, che dotò il Paese di una grande letteratura, sapendone cogliere vocazioni e spirito unitari, per continuare poi negli anni a distinguersi con altre figure rilevanti come Carlo Muscetta, Gennaro Savarese, Dante Della Terza, Attilio Marinari. Le “lezioni” del De Sanctis hanno dato apporti eccezionali anche sulla funzione del Teatro, in particolare: Tragedia, Commedia e Comicità.

Successivamente l’Irpinia ha avuto artisti, personaggi di primo piano nel campo cinematografico come Ettore Scola, Sergio Leone e negli anni Sessanta anche una originale gemmazione del neorealismo ad opera di Camillo Marino e Giacomo D’Onofrio. In tutto questo, oggi a rammaricarci molto, è però il silenzio da parte di organismi locali, associazioni, che si agitano per un nonnulla e poi non fiatano quando dovrebbero farsi sentire. Come in questa circostanza, su cui però non vogliamo innescare alcuna polemica, ma soltanto chiedere di spiegare ai cittadini perché una provincia importante è fuori dal “Campania Teatro Festival 2025”. In tutta questa storia giova forse domandarci ciò che si chiedeva, molti anni fa, nel secolo scorso,lo studioso francese Marcel Rocayolo: “La democraticizzazione di una istituzione culturale, di un comportamento e di un consumo,non è forse accompagnata dalla creazione di una nuova barriera o di un nuovo segno distintivo riservato ai privilegiati e, innanzitutto, alla categoria dei più esigenti, quella che crea le mode culturali?”.

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