Quella nuova religione chiamata decisionismo

La politica abrasiva di Donald Trump rischia di rappresentare l’alfabeto stilistico del nuovo ordine mondiale. Gli Usa, giorno dopo giorno, giocano ormai partite globali. Nessuno, sinceramente, pensava che il tycoon americano sviluppasse in tempi così rapidi un’azione così potente e articolata. Molte sue parole sembravano propaganda elettorale. Invece, mentre tutti guardano con disagio al dinamismo trumpiano, sul mondo regna la filosofia dell’ incertezza. L’era dei dazi dovrebbe partire domani ma nessuno, al momento, conosce bene termini e modi nei quali si svilupperanno. E mentre Trump parla genericamente di un 20 percento per tutti, l’Europa prova a studiare le inevitabili ricadute.

Sette autorevoli economisti continentali, incaricati dalla Ue, hanno provato a leggere le carte del futuro. Uno studio attento e puntuale, figlio di un’aritmetica amara. Previsioni che parlano di un pil europeo destinato a scendere tra lo 0,8 e l’1,2 percento, 500mila posti di lavoro in meno nel Vecchio Continente, un’inflazione annua che si attesta tra lo 0,3 e lo 0,9 percento. I dazi, in effetti, sono la pistola carica sul tavolo della stanza ovale di Washington. La Russia appare incerta sulla tregua con l’Ucraina? Ecco rispuntare l’ipotesi delle tariffe secondarie sul petrolio sovietico.

L’Europa minaccia le controtariffe? Ecco l’invito ad impiantare le proprie fabbriche direttamente negli Usa, in modo da indebolire ulteriormente l’ economia europea. E, nel frattempo, l’assalto mediatico alla Groenlandia, magari da prendere anche con la forza, parlando già dell’ ipotesi di un terzo mandato alla Casa Bianca, in modo da condizionare eventualmente anche i dinieghi del futuro. Trump, fortissimamente Trump, tanto oggi quanto domani. E in un mondo dove gli aghi della bussola politica sembrano, ormai, impazziti, molti cominciano a chiedersi se la strategia di leader come Putin, come Trump, come Erdogan, votata a un perverso decisionismo, non sia la soluzione migliore per guidare, con mano ferma, ogni Paese, assicurandogli rispetto e credibilità a livello mondiale. Mentre altri si riarmano e la guerra, in maniera più o meno silenziosa, si dilata drammaticamente in tutti i continenti.

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